Regia: Emmanuel Mouret. Sceneggiatura: Pierre Giraud, Emmanuel Mouret. Fotografia: Laurent Desmet. Montaggio: Martial Salomon. Scenografia: Ombeline Leveque. Costumi: Bénédicte Mouret. Interpreti: Sandrine Kiberlain, Vincent Macaigne, Georgia Scalliet, Maxence Tual, Pierre Giraud.
Produttore: Frédéric Niedermayer. Distribuzione: Movies Inspired. Origine: Francia 2022.
In una serata di fine febbraio, Simon incontra Charlotte in un bar parigino. Non è la prima volta, visto che si sono baciati a una festa qualche giorno prima. Lui è sposato e giura di non essere un seduttore professionista, eppure è così attratto da Charlotte che si lascia guidare dalla semplicità di lei, decisa a vivere un amore senza drammi e senza complicazioni. Scanditi dai mesi primaverili e poi estivi, i loro incontri sono leggeri, giocosi e animati da un'intesa rara. Si direbbe una relazione in tutto e per tutto, che i protagonisti però si godono pur stando molto attenti a non chiamarla tale. Dalla commedia al dramma, passando per i film in costume, il regista marsigliese è approdato attraverso un meticoloso lavoro sul linguaggio e sul ritmo a un cinema che ama parlare dell'amore. Lo scompone e lo ricompone, contento di ammirare come le modulazioni del racconto ne cambino il volto e le prospettive.
Intellettuale, concettuale, ma al tempo stesso ironico quando non proprio scanzonato: Una relazione passeggera ne è assieme al precedente e delizioso Les choses qu'on dit, les choses qu'on fait l'esempio più fulgido nella filmografia di Mouret.
L'opera è orgogliosamente fuori dal tempo, rohmeriana e alleniana non soltanto nel mood décontracté e nei dialoghi gustosi ma anche nell'attenzione per le parole con cui definiamo il sentimento. Le cose che diciamo e le cose che facciamo, dal bel titolo del film del 2020, sono qui in aperta contrapposizione, con le prime a cercare di mascherare e poi di rincorrere invano le seconde. Il Simon di Vincent Macaigne è mite e accomodante, fin troppo rispettoso delle trappole in cui lui stesso si è cacciato, e la sua unica resistenza è quella pressoché inconsapevole di un flusso di parole che sembra ogni volta non volersi arrendere alla scena che finisce.
Se Simon ha sempre paura delle possibili complicazioni, la Charlotte di Sandrine Kiberlain le rifiuta con la convinzione di chi in passato ha già vissuto drammi a sufficienza, e ora vuole solo essere spontanea. La loro è la perfetta storia di solo sesso, quella in cui anche la presenza invisibile della moglie di lui non è un problema per nessuno (forse, ci piace immaginare, neppure per lei).
Nel suo film precedente, Mouret cantava l'infatuazione come processo collettivo, come domino di sentimenti interconnessi, che legava le tessere di tanti personaggi diversi e le inseguiva avanti e indietro nel tempo. L'amore, sembrava dire, è un affare troppo complesso per preoccuparsene troppo. Una relazione passeggera è invece semplice, lineare e trasparente: nel catturare quell'epifania con cui certi innamorati si accorgono che tutto sembra facile con una persona nuova, mantiene il prevedibile intoppo sempre crudelmente visibile sullo sfondo e gli si avvicina con l'eleganza e lucidità di chi sa che tutto è destinato a finire, e che saperlo non ci aiuta a soffrire meno.
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