Regia e sceneggiatura François Ozon. Fotografia: Manuel Dacosse. Montaggio: Laure Gardette. Musiche: Philippe Rombi. Scenografia: Philippe Cord'homme. Costumi: Constance Allain. Interpreti: Nadia Tereszkiewicz, Rebecca Marder, Isabelle Huppert, Fabrice Luchini, Dany Boon, Jean-Christophe Bouvet, Félix Lefebvre, Michel Fau, Radostina Rogliano, Édouard Sulpice.Produttori: Eric Altmayer, Nicolas Altmayer. Distribuzione: Bim Distribuzione. Origine: Francia 2023.
Parigi, 1935. Madeleine Verdier, aspirante attrice convocata da un celebre produttore per un ruolo e poi aggredita, è accusata a torto del suo omicidio. Con la complicità di Pauline Mauléon, avvocato senza clienti che si incarica della sua difesa, si assume il crimine e accede alla gloria denunciando la misoginia della società e l'incompetenza della giustizia. Il tribunale diventa 'teatro' della sua performance. L'ingiustizia subita commuove l'opinione pubblico, il successo è immediato. Per Madeleine comincia una nuova vita, gli ingaggi piovono coi fiori e le proposte di matrimonio ma la vera colpevole bussa alla porta e reclama la sua parte... Soltanto ieri firmava Peter von Kant, evocazione impertinente del suo idolo, Rainer Werner Fassbinder, e otto mesi più tardi è di ritorno con una commedia che riconfigura il presente col sorriso aperto e la giusta dose di insolenza. Perché quella che avrebbe potuto essere una screwball comedy nostalgica dispiega, al contrario, una vitalità organica che 'suona' le note moderne delle protagoniste.
Con 8 donne e un mistero e Potiche - La bella statuina, Mon Crime - La colpevole sono io forma una sorta di trilogia ideale, inscrivendosi nella vena più popolare e leggera dell'autore. Un trittico scintillante che condivide lo stesso DNA e gli artifici della rappresentazione scenica, perché il teatro resta la sorgente d'ispirazione maggiore per Ozon, come se la teatralità gli permettesse di celebrare meglio il cinema. Ma Mon Crime è altrettanto ossessionato dalla storia del cinema e ritrova lo spirito delle commedie sofisticate dell'età dell'oro hollywoodiana. Una stagione glamour, sublimata tra gli altri da Ernst Lubitsch e Howard Hawks, dove i personaggi si affrontano a colpi di repliche e le donne portano volentieri i pantaloni.
Dopo aver 'cantato' la misoginia negli anni Cinquanta, con un vaudeville smisurato e barocco (8 donne e un mistero), dopo aver dato una lezione di femminismo sullo sfondo degli anni Settanta (Potiche), con una commedia ludica dai colori vintage, ribadisce la gioia insurrezionale di 'eliminare' la figura maschile abusante, o caricaturalmente maschile e arrogante, che nutre il suo cinema dagli esordi (Sitcom).
Comme d'habitude, Ozon va oltre il testo che lo ispira. Mentre le nostre eroine 'prendono la parola' (e la pistola), il film allude a una possibile deriva del potere femminile. Il femminismo ostentato non manca di ambiguità, l'emancipazione e la scalata sociale delle protagoniste passano di fatto per le bugie e la manipolazione. Perfidia intrigante di un film che dietro il divertissement e i virtuosismi verbali si rivela più sovversivo di quanto le sue 'buone maniere' lascino intendere
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