Regia e sceneggiatura: Tarik Saleh. Fotografia: Pierre Aïm. Montaggio: Theis Schmidt. Scenografia: Roger Rosenberg. Musica: Krister Linder. Costumi: Denise Östholm. Interpreti: Tawfeek Barhom, Fares Fares, Mehdi Dehbi, Mohammad Bakri, Makram Khoury, Sherwan Haji, Yunus Albayrak, Ayman Fathy, Amr Mosad. Produttori: Fredrik Zander, Linda Mutawi.Distribuzione: Movies Inspired. Origine: Svezia, 2022.
Adam è figlio di un pescatore analfabeta ma ha sempre amato leggere e studiare, perché a detta di suo padre è intelligente come quella madre scomparsa troppo presto. Dunque il ragazzo ottiene una borsa di studio per l'Università Al-Azhar de Il Cairo, conosciuta come "la più grande istituzione islamica". Ma poco dopo l'arrivo di Adam il Grande Imam che dirige Al-Azhar muore, e si pone il problema della sua successione. Il candidato naturale sarebbe un anziano Imam cieco di grande profondità spirituale, ma il Presidente della Repubblica egiziano gli preferisce un altro leader, più incline a mantenere la separazione fra religione e Stato. Incaricato di vigilare sulla transizione alla testa dell'ateneo per conto del governo è il Colonnello Ibrahim, ambigua figura di grande abilità strategica, che non disdegna mezzi di persuasione anche assai poco leciti. E in mezzo a questo crocevia finirà proprio Adam, come recluta innocente. La cospirazione del Cairo è il quinto film del regista svedese di origini egiziane Tarik Saleh ed è una coproduzione internazionale interpretata da un cast proveniente da vari Paesi di lingua e cultura araba, il che consente a Saleh la giusta (e sicura) distanza nel raccontare una storia assai complessa, che non sacrifica mai la stratificazione alla spettacolarità. Di fatto La cospirazione del Cairo è un thriller politico e una spy story, e la figura del Colonnello Ibrahim, magnificamente interpretato dall'attore libanese naturalizzato svedese Fares Fares, è degna dei personaggi di John Le Carré o Graham Greene. Ma il tema si amplia ad includere il complicato rapporto fra laicità e religione nei Paesi arabi, e vede al centro la figura di un animo puro con un problema in più, rispetto ai "tipi qualunque" gettati in circostanze difficili di altre spy story: è cresciuto in una cultura e una fede che sanciscono che "nessuno può decidere del proprio destino".
Adam reagisce dunque agli eventi aggrappandosi all'unica ancora di salvezza che possiede: l'enunciazione della verità. E grazie alla sua naturale intelligenza riesce ad attraversare l'affastellarsi degli eventi con la capacità di guardare attraverso le falsità e le ipocrisie che lo circondano. Perché il film di Saleh non fa sconti a nessuno, compresi leader religiosi corrotti e politici ambiziosi e sanguinari. Diversamente da Adam il Colonnello Ibrahim, tutt'altro che un puro, è maestro nel navigare le acque pericolose che lo circondano, mescolando astuzia e opportunismo. Fares ne mostra ogni sfumatura, facendolo passare dall'insensibilità alla bonomia, dalla rassegnazione alla combattività.
A centro della storia non c'è né l'Islam (e le sue radicalizzazioni) né il governo egiziano ma un Potere assoluto e metaforico che corrompe e rende gli uomini capaci delle peggiori nefandezze, in contraddizione alla loro retorica e ai loro ruoli di guide, secolari o spirituali. L'antidoto è l'istruzione, che porta a leggere "quei libri che fanno paura ai tiranni e ai re" e che non può essere indottrinamento, laico o religioso.
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