Regia: Rodrigo Sorogoyen. Sceneggiatura: Isabel Peña, Rodrigo Sorogoyen . Fotografia: Alejandro de Pablo Montaggio: Alberto del Campo. Musiche: Olivier Arson. Scenografia: José Tirado. Costumi: Paola Torres. Interpreti: Denis Ménochet, Marina Foïs, Luis Zahera, Diego Anido, Machi Salgado, David Menéndez, Marie Colomb.
Produttori: Ibon Cormenzana , Anne Labadie. Distribuzione: Movies Inspired. Origine: Spagna, 2022. Miglior Film Spagnolo 2023
Vincitore Premio Cesar 2023 come Miglior film straniero
In un villaggio rurale in Spagna una coppia di francesi decide di riattare dei ruderi con la prospettiva di realizzare un agriturismo. La popolazione locale però non vede di buon occhio la loro presenza. In particolare due fratelli, proprietari di una piccola fattoria confinante con la loro, non sopportano il fatto che i due non votino a favore dell'installazione di impianti eolici nell'area circostante. Le irrisioni prima e le minacce esplicite poi si fanno sempre più temibili. Nel vedere As bestas (letteralmente traducibile come "Le bestie") lo spettatore italiano non può non andare con la memoria a Il vento fa il suo giro di Giorgio Diritti. Come in quel film del 2007 abbiamo una coppia che decide di andare a vivere in un paesino suscitando la profonda diffidenza degli autoctoni. In cosa consiste allora la differenza e l'originalità del film di Sorogoyen? Consiste in una serie di elementi che fanno di quest'opera un trattato per immagini su opposte visioni del mondo che si trasformano in una lotta per la sopravvivenza.
A partire dalla diffidenza atavica verso lo 'straniero' che trova in vaghe reminiscenze storiche la motivazione per tenere a distanza e dileggiare 'il francese' che si vuole allontanare al più presto da un contesto che è contraddittoriamente chiuso se non sprangato nei confronti di chi viene da fuori. Contraddittoriamente perché nei confronti dell'installazione delle pale eoliche, che portano con sé il miraggio di un facile arricchimento, questa chiusura non si manifesta ma anzi anche i più alieni da qualsiasi mutamento ne vorrebbero l'immediata approvazione. Che non arriva, con un voto che è determinante, proprio dalla coppia francese che, sulla base di principi di rispetto dell'ambiente, vede quell'intervento come una deturpazione del paesaggio.
Da qui nasce il conflitto che vede in due fratelli, legati da un profondo spirito di rivalsa, i 'giustizieri' che, in un crescendo carico di tensione, si adoperano affinché gli intrusi abbandonino il luogo e le coltivazioni che hanno iniziato ad attivare.
Nello stesso anno in cui Alcarràs ha vinto l'Orso d'Oro a Berlino con una vicenda che vede comunque al centro il mondo rurale, diventa ancor più interessante chiedersi cosa stia accadendo in questa Europa che dovrebbe essere dei popoli che però non solo non sembrano avere una visione unitaria del futuro ma sono al centro di diatribe localizzate.
Significativo è un dialogo che 'il francese' ha con gli agenti di polizia locali i quali, di fronte alla sua denuncia delle minacce ricevute, gli rinfacciano la sua cultura superiore quasi a giustificare, grazie a questa differenza, il comportamento dei suoi aggressori.
Un ulteriore elemento di interesse nasce poi, in un film che avrebbe potuto essere circoscritto a un confronto tutto al maschile, dalla figura della moglie del protagonista. Si tratta di una donna che con la sua silente ed amorevole presenza sostiene ma anche ammonisce il compagno di una vita e saprà, al momento giusto, caricarsi di gravi responsabilità con una dignità con la quale anche i più determinati avversari dovranno fare i conti.
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