Regia e Sceneggiatura: Luc Besson. Fotografia: Colin Wandersman. Montaggio:
Julien Rey. Musiche:
Éric Serra. Scenografia Evelyne Tissandier. Costumi: Corinne Bruand. Interpreti: Caleb Landry Jones, Christopher Denham, Marisa Berenson, Michael Garza, Jojo T. Gibbs, Avant Strangel, Ambrit Millhouse, James Payton, Derek Siow, Corinne Delacour Luing Andrews, Bennett Saltzman, .
Produttori: Virginie Besson-Silla, Eric Mathis.
Distribuzione: Lucky Red. Origine: Francia 2023.
Cresciuto nel New Jersey tra le violente angherie del padre e del fratello, che lo tengono prigioniero nella gabbia dei cani da combattimento, il giovane Douglas arriva all'età adulta con enormi ferite psicologiche e fisiche, essendo confinato alla sedia a rotelle con il precario uso delle gambe. Solo i suoi adorati cani gli danno sollievo: sono addestrati a rispondere a ogni suo comando, e per conto del loro padrone aiutano i bisognosi e rubano nelle case dei ricchi.
Una storia di dignità, di amicizia, di dolorosa dolcezza, che accende un dramma dalle venature pulp (non mancano i colpi di fucile), rifacendosi per estetica alle tavole di una graphic novel.
Dogman, presentato in Concorso a Venezia 2023, è materia originale, organica, ispirata solo in parte da un articolo di giornale che raccontava di un bambino chiuso in gabbia quando aveva cinque anni. Attorno a questa esperienza, allargando il campo e facendoci sentire ogni sequenza, Luc Besson mette in piedi la struttura di un film genuino, che se ne frega delle imperfezioni e dell'incredibilità, facendoci fare il tifo per un eroe incompiuto che, come fosse una favola, legge Romeo e Giulietta ad una platea di spelacchiati e irresistibili trovatelli. Nemmeno a dirlo, una scena che vale il film. Dogman, scritto e diretto da Luc Besson è un film che ha come personaggi principali i cani. Molti, cani. Decine e decine. Di tutte le razze, di tutte le dimensioni. In fondo, i cani, nelle difficoltà, "superano le differenze, facendo gruppo".
Un gruppo folto, una squadra. Anzi, una squadra di soccorso. Perché, "Ovunque ci sia un infelice, Dio invia un cane.", recita Luc Besson, che cita il poeta Alphonse de Lamartine per introdurre la sua miglior pellicola dai tempi di Léon.
Besson è sempre stato del resto un autore istintivo, abile a creare momenti, colorare d'assurdo la realtà e contaminare generi piuttosto che a lavorare di cesello.
Dogman accentua questa contraddizione perché più delle altre opere del regista vuole affrancarsi dal genere e avvicinarsi a un'idea di complessità psicologica, per un personaggio torturato che trova in Caleb Landry Jones un interprete affamato di sfide. Al termine di un tour de force attoriale che include il trauma, l'action, il canto e una componente drag, oltre a un corposo lavoro con gli animali, il risultato è ammirevole.
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