Regia: Elise Girard. Sceneggiatura: Maud Ameline e Elise Girard. Fotografia: Céline Bozon. Montaggio: Thomas Glaser. Costumi: Dorothee Hohndorf. Interpreti: Isabelle Huppert, Tsuyoshi Ihara, August Diehl, Produttori: Christelle Michel, Antoine Morand. Distribuzione: Academy Two. Origine: Francia, 2023.
La casa di Sidonie, scrittrice francese, è vuota da quando il marito è morto tragicamente in un incidente. La donna la lascia quindi temporaneamente, cogliendo l'occasione di un viaggio in Giappone per degli impegni promozionali con l'editore che sta curando una riedizione del suo primo romanzo. All'arrivo, quest'ultimo la attende in prima persona, per accompagnarla in una esplorazione in varie tappe attraverso le meraviglie del paesaggio nipponico.
Nella terza regia di Élise Girard c'è una classica associazione tra un viaggio letterale e uno interiore, che mescola dolore e ricordo con lo stupore inconsueto della negoziazione con un luogo che non ci appartiene.
Di fatto è un'inversione delle parole di L. P. Hartley: stavolta è una terra straniera a rivelarsi il passato - quello di una vita in compagnia del marito che Sidonie deve malinconicamente confinare alla memoria dopo il suo lutto, ma che torna a sovrapporsi letteralmente (con un effetto volutamente posticcio nelle comparsate sornione di August Diehl, già protagonista di A hidden life di Malick) ai suoi momenti privati in Giappone.
In transito per i luoghi magici del paese, da una città all'altra, Sidonie va anche alla scoperta di Kenzo Mizoguchi, uomo profondo ed enigmatico che in un francese un po' ruvido la aiuta a rimettere in sesto la sua prospettiva esistenziale. Nelle mani di Girard c'è una materia narrativa esilissima, perfino ovvia, ma è una carta velina indispensabile per congiungersi al suo tocco lieve, che accarezza malinconia e un sottile filone di surreale brillantezza.
I lutti da superare si moltiplicano, si intrecciano alla storia del Giappone, e alla fine forse è vero che "la gente come noi condivide un paese segreto". È uno dei tanti dialoghi che rimangono nell'aria e che ben accompagnano le immagini più ispirate di Girard - quelle che isolano i due protagonisti in mezzo a spazi enormi, nella folla, fermi a guardare delle scarpe luminose o a rincorrersi.
È un cinema minimalista, elegante, adulto ma con un cuore leggero. Quello di Élise Girard è un mondo a parte senza troppe smanie di uniformarsi, come nei precedenti Belleville Tokyo e Strange birds. Quest'ultimo, curiosamente, aveva per protagonista Lolita Chammah che di Isabelle Huppert è figlia; un altro dei suoi cortocircuiti tra passato e presente, e tra la Francia e l'adorato Giappone.
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