Regia: Simone Godano. Sceneggiatura: Luca Infascelli, Simone Godano. Fotografia: Guillaume Deffontaines. Montaggio: Andrea Vacca. Musiche: Federico Albanese. Scenografia: Alessandro Vannucci.
Interpreti: Riccardo Scamarcio, Adriano Giannini, Gabriel Montesi, Valentina Bellè, Claire Romain, Mati Galey, Linda Caridi, Judith El Zein, Imma Villa, Antonella Ponziani, Camilla Barbieri, Gioele Dix. Produttore: Matteo Rovere. Distribuzione: 01 Distribution. Origine: Italia, 2024.
Guido, Marco, Leo, Gaelle e Mattia sono, in ordine di età, i cinque figli di Manfredi Alicante, padre egoista e narciso che si è appena tolto la vita. All'apertura del suo testamento i cinque figli scopriranno di avere anche una sorella, Luisa, della quale non erano a conoscenza. Del resto per Manfredi, che ha sempre fatto come gli pareva, compreso sposare tre donne diverse e avere (almeno) un'amante, è perfettamente in carattere non aver informato i fratelli dell'esistenza di Luisa. I sei litigano fra di loro, alcuni anche a causa di antiche ruggini, e trovare un'intesa su come gestire l'allevamento di ostriche che hanno collettivamente ereditato, e che il padre ha trasformato in una utopistica coltivazione di perle, non è facile. Ci saranno discussioni e rappacificazioni, intese e ostilità nella cornice di Bordeaux, ultima residenza del padre e della terza moglie francese. Sei fratelli, scritto da Luca Infascelli e Simone Godano e diretto da Godano stesso, parte da una buona premessa e va a toccare un tema eminentemente cinematografico, ovvero la complessità del rapporto fra fratelli e sorelle, soprattutto all'interno di una famiglia allargata. È un tema da commedia classica all'italiana, e anche un rimando ai Parenti serpenti monicelliani come alle rivalità all'interno di La famiglia di Ettore Scola.
La regia di Godano ha una bella energia cinetica, come guardare una cucciolata che interagisce a colpi di scontri fisici, goffi inciampi e buffe risalite. Alcuni attori sono particolarmente efficaci, soprattutto quando prendono coscienza di potersi rifare ai padri interpretativi della generazione dei Monicelli e degli Scola: così Riccardo Scamarcio sembra un Gassman 2.0 e Adriano Giannini (il più bravo di tutti, da qualche anno a questa parte) un Giancarlo Giannini più provato dalla vita. Un discorso a parte va fatto per Linda Caridi e Gabriel Montesi, che invece sono incarnazioni della loro generazione, di cui sanno restituire molto bene lo smarrimento e l'indefinitezza.
I momenti più godibili sono i litigi corali, quelli meno riusciti le occasionali prese di consapevolezza: in particolare il ritrovamento di una registrazione è in completa contraddizione drammaturgica con ciò che abbiamo appreso nell'autopresentazione iniziale, e non perché un personaggio non possa avere più dimensioni, ma perché tali dimensioni andavano seminate anche in quell'incipit che invece ci ha fatto sperare in un sano cinismo monicelliano (tantopiù che la scelta suicida del padre sembra un rimando proprio a quella fatta nella realtà da Mario Monicelli).
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