Regia e Sceneggiatura: Teemu Nikki. Fotografia: Jyrki Arnikari. Montaggio: Teemu Nikki.
Musiche: Marco Biscarini. Scenografia: Santtu Toivola. Costumi: Suvi Lukkala-Mäkinen. Interpreti: Pekka Strang, Jari Virman, Elina Knihtilä, Hannamaija Nikander, Pihla Penttinen, Samuli Jaskio, Tiina Weckström, Marjaana Maijala. Produttori: Andrea Romeo, Jari Virman. Distribuzione: I Wonder Pictures. Origine: Finlandia, Italia. 2023.
Risto e Arto sono vicini di casa ma non potrebbero essere più lontani di così: il primo è un impresario di pompe funebri schiavo della ludopatia, ha una moglie da cui si sta allontanando, una suocera alcolizzata e un figlio per cui è presente solo a volte; il secondo è un mite educatore in una scuola per l'infanzia, convive con la ricercatrice Saija e i due cercano da tempo di arrivare ad una gravidanza. La ruota gira per entrambi nel modo più inaspettato quando Risto si ritrova schiacciato dai debiti e ad Arto viene diagnostica una condizione più unica che rara, cioè l'essere dotato di solo il 15% del cervello. Da vicini di casa, Risto e Arto, divengono così una strana coppia di becchini che deve svolgere il lavoro sporco per un'attività illegale molto particolare. Dice di essere partito da tre articoli che ha letto in giro, Teemu Nikki, per realizzare La morte è un problema dei vivi - presentato all'interno del Concorso Progressive Cinema della Festa del Cinema di Roma 2023. Uno su un giocatore d'azzardo, l'altro su un uomo senza cervello, il terzo su un impresario di pompe funebri. E come spesso succede nel cinema di Nikki, il frullare, shakerare e agitare tutti i vari ingredienti fa venire fuori un blend già assaggiato ma con un tocco sempre diverso e personale. E se proprio vogliamo scomporre la ricetta filmica-emozionale del regista-tuttofare finlandese, rispetto ai precedenti Lovemilla, Euthanizer e Nimby - Not in My Backyard, questo La morte è un problema dei vivi risulta ancora più bilanciato e preciso.
Sulla scia del grande successo di pubblico, critica e riconoscimenti di Il cieco che non voleva vedere Titanic, l'ultimo lavoro di Nikki - anche qui sceneggiatore/regista/montatore/produttore - trova la sua esatta espressione in un perimetro ben delimitato che sta diventando sempre più intimo e familiare per l'autore finlandese. Partendo da una singola situazione minima, che possa essere un amore negato, un addestratore di animali o la disabilità di una persona, Nikki si muove per andare verso situazioni paradossali e ambigue, sempre in bilico tra realtà e genere, realismo e manierismo, distacco e ipersensibilità, confezionando grandi e piccoli racconti capaci di essere accolti da un pubblico ampio e trasversale.
La morte è un problema dei vivi srotola perfettamente questa formula, forse rinunciando ad un pizzico di troppo di vivace umorismo come della partecipazione più diretta, ancorandosi più all'uomo senza cuore Risto che all'uomo senza cervello Arto. Nikki, infatti, sembra voler auscultare la linea del dolore del becchino ludopatico e non cavalcare fino in fondo il grottesco in potenza dell'educatore scervellato, e anche quando i due piani sembrano incrociarsi - l'attività illegale si rivela essere una roulette russa stile snuff movie -, il simbolico che ne viene fuori è tutto addosso a Risto, con quella diretta connessione che porta a leggere la ludopatia come pratica quasi performativa del capitalismo, dove a vincere è sempre il sistema, cioè il capitale.
E neanche troppo sottotraccia è questa la direzione di critica e messa in scena che sembra presentare il film, raccontando un mondo dove tutto è per forza di cose attratto e atterrito dalla commoditizzazione - i rapporti familiari, le relazioni sentimentali, l'amministrazione della giustizia, giù giù fino a definire il limite ultimo della dignità umana. Risto ne è in balia, Arto ci si abbandona, il primo perché pensa di ribaltare il banco, il secondo perché non gli importa che ci sia un banco.
Così Nikki si muove ora più vicino ora più lontano rispetto a queste due pedine destinate per forza alla sconfitta - è più facile immaginare la fine del mondo che... -, con lunghe sequenze immersive fatte di silenzio e osservazione, e poi improvvise sbandate calde sotto le note del rock finlandese di una vita (Hearthill, Peer Günt). C'è, insomma, tanta più speculazione in La morte è un problema dei vivi di quanto si possa afferrare distrattamente, e se la cornice intagliata da Nikki è così attraente e fuorviante, tanto meglio perché tutto questo ti entra dentro per poi pungolarti a lungo.
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