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scheda Film
MARIE-JO E I SUOI DUE AMORI

MARIE-JO E I SUOI DUE AMORI

di Robert Guédiguian
con Ariane Ascaride e Jean-Pierre Darroussin

Genere: Film
Durata: 124' V.M. 14 anni
Sceneggiatura: Robert Guédiguian e Jean-Loui Milesi Fotografia: Renato Berta Scenografia: Michel Vandestieten Costumi: Catherine Keller Montaggio: Bernard Sasia Interpreti: Ariane Ascaride, Jean-Pierre Darroussin, Gérard Meylan, Jacques Boudet Francia, 2002, 124' V.M. 14 anni di Dopo Ken Loach, Carlo Lizzani, Mario Monicelli, registi che hanno dedicato il loro cinema al mondo del lavoro Robert Guédiguian è stato premiato quest'anno con il Cipputi alla Carriera. A ritirare il premio al posto del regista, impegnato nella preparazione del prossimo film in Armenia, uno degli attori del suo clan Jacques Boudet, il nonno che insegnava al nipote 'Bandiera rossa' nel film A l'attaque e che nell'ultimo film Marie-Jo et ses deux amours, presentato a Cannes in concorso e qui a Torino fuori concorso, veste i panni di un vecchio alcolizzato. Prima di ricevere la statua raffigurante il noto operaio di Altan, Jacques Boudet ha detto: ''Robert è molto dispiaciuto di non essere qui a ricevere questo premio perché è molto riconoscente al pubblico di Torino e al Festival dove ha sempre avuto una buona accoglienza. Io faccio parte del gruppo di attori che lavora con Guédiguian da piu' di vent'anni, e credo che il nostro gruppo insieme alla città di Marsiglia costituiscano il linguaggio cinematografico di Guédiguian capace pero' di raccontare storie universali''. Lei non è giovane, non è bella, non è niente più che uno di quei volti che ti sfiorano gli occhi e se ne vanno, dimenticati. Lei ha un pò di rughe che le fanno la faccia triste, o forse è triste davvero, ha quegli occhi posati come due mani addosso alle cose, quel mezzo sorriso che s'incrina, in continuazione. La troviamo nella prima inquadratura con un temperino in mano, si taglia un polso un pò per caso, senza parere, con una voglia di sparire che la senti. Ma piano piano capisci che ha anche molti motivi per vivere: è amata, amata da suo marito un pò fuori moda, con dei baffi troppo grandi, da fine Ottocento, con un amore troppo grande, da fine corsa, da capolinea. Lei è amata, è amata anche fisicamente, o proprio fisicamente; perché è da lì che parte tutto, il sesso e il cuore non sono così diversi. Ed è amata anche da un altro uomo, che aspetta in silenzio, che ha una insopprimibile malinconia, quella di vederla andare via, ogni volta, ogni volta ritornare a un matrimonio, a un uomo che ama ancora. Amare due uomini è più doloroso, più feroce, più lacerante che amarne uno solo. Amare due uomini fa sentire in ogni istante la mancanza. Quando è con l'amante, persino quando recita la perfezione della felicità, Marie-Jo sa, e noi sappiamo con lei, che quella felicità è illusoria, che le sue emozioni hanno un movimento oscillatorio, di andata e ritorno. Le sequenze scorrono fra immagini di lavoro, lavoro duro, concreto, il marito che maneggia calcina e cemento, che dà ordini ai suoi ragazzotti operai, che li invita a casa senza preavviso, come un re che dispensa un barbecue di sardine a una corte di poveri cristi. E l'altro, che s'imbarca nelle navi, le pilota, che ha negli occhi un orizzonte lontano e inattingibile, quello della quiete, della vita con lei. Non ci sono buoni e cattivi, non ci sono sopraffattori, non ci sono inganni. La tragedia è questa, che nessuno è cattivo, nessuno ha colpe, il marito è innamorato e compra a Marie-Jo una barca, quella che lei desiderava fin da quando era ragazzina; e l'altro; l'amante, non ha colpa di amarla così con forza e disperazione. E lei non ha colpa, se non quella di amare. Non tenta neanche di fingere a lungo, non è nell'inganno e nella rivelazione la forza del film. E' nell'intimità cruda che ci mostra, nella concretezza di ogni immagine, nel mostrarci un romanticismo scartavetrato di ogni glamour, ruvido come una pietra, come uno scoglio. Personaggi che sfioriscono amando, che hanno un pò di soldi e non molte speranze, se non quella di potersi appartenere. Inquietudini che divampano in gente 'normale', che ascolta musica qualunque, che ha una casa, un giardino, una figlia adolescente, ma che non può dirsi, e non potrà mai dirsi, una famiglia borghese, perché della borghesia non ha le sicurezze e le ipocrisie. Un cinema 'politico', ancora, e un realismo quasi oltraggioso dei sentimenti. Crudo, duro, poco attraente, se si vuole, investito da un vento secco di dolore. (Giovanni Bogani)

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