Regia: Léa Todorov. Sceneggiatura: Catherine Paillé, Léa Todorov. Fotografia: Sébastien Goepfert. Montaggio: Esther Lowe. Scenografia: Pascale Consigny. Costumi: Agnès Noden. Interpreti: Jasmine Trinca, Leïla Bekhti, Rafaelle Sonneville-Caby, Raffaele Esposito (II), Laura Borelli, Nancy Huston, Agathe Bonitzer, Sébastien Pouderoux, Pietro Ragusa. Produttori: Carlo Cresto-Dina, Grégoire Debailly. Distribuzione: Wanted. Origine: Francia, 2024.
Cortigiana di successo, Lili d'Alengy è sicura del suo valore sociale e tiene in pugno la fervente Parigi del 1900. All'improvviso, però, dall'esilio parentale riemerge la figlia che Lili si vergogna di avere: una bambina disabile di nome Tina, la cui esistenza sarebbe inaccettabile per la buona società parigina. Lili scappa quindi a Roma, dove c'è un istituto che si dice possa prendere in cura bambini con difficoltà. Lì incontra Maria Montessori, che a sua volta ha un figlio "nascosto" nato fuori dal matrimonio in una relazione con il collega Giuseppe. Insieme, i due medici cercano di convincere le istituzioni che il loro metodo educativo sperimentale è in grado di recuperare alla società quei bambini "idioti" emarginati dal sistema. Jasmine Trinca dona volto e profonda dignità alla figura di Maria Montessori nell'esordio alla finzione della regista francese Léa Todorov, che inquadra la famosa pedagogista all'inizio della carriera, divisa tra gli ideali del lavoro con i bambini e un rapporto complicato con la sua stessa maternità. Animato da un didascalismo sincero e meticoloso, il film giova della contrapposizione tra Montessori e il personaggio di Lili, vera protagonista e contraltare di Maria, che affidata alle mani sicure di Leïla Bekhti è chiamata ancora più apertamente a ripensare e rivendicare il ruolo di madre, in opposizione alle costrizioni sociali del tempo.
È quindi un'opera sul femminismo prima ancora che sull'istruzione e sul trattamento della neurodiversità, perché - come dice Montessori stessa - un mondo più aperto alle donne metterebbe l'esperienza femminile e la maternità al centro di tutto. Lili e Maria sono due facce di un'unica medaglia nel modo in cui navigano il ruolo della donna all'alba di un nuovo secolo (il titolo originale è appunto La nouvelle femme) e hanno molto da insegnarsi reciprocamente: la prima più pragmatica e individualista, consapevole dell'importanza del "sapersi vendere"; la seconda più idealista, capace di aprire le porte alla compassione.
Non è quindi un biopic ad ampio spettro, fermandosi molto presto nel percorso di Montessori, e utilizzandola saggiamente come un inserto nel suo stesso film. C'è però abbastanza del suo lavoro così pionieristico in quell'epoca, comprese diverse sequenze ben riuscite con attori bambini (tutti neuro-atipici) in cui Jasmine Trinca dà il meglio, prima di decidere di applicare il suo metodo d'insegnamento anche a chi non presenta disabilità.
Per la regista, figlia di un gigante di filosofia e teoria della letteratura come Tzvetan Todorov, e con alle spalle già un documentario, è una buona transizione verso il cinema di finzione, girata con diligenza e senza fronzoli; occhi dritti verso l'obiettivo, verso il quale si sente tutta la sua passione e sincerità
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