Regia: Ridley Scott. Sceneggiatura: David Webb Peoples. Fotografia: Jordan Cronenweth. Musica: Vangelis. Scenografia: Lawrence G. Paull. Costumi: Michael Kaplan. Interpreti: Harrison Ford, Rutger Hauer, Sean Young, Edward James Olmos, N. Emmet Walsh, Daryl Hannah, William Samderson, Brion James, Joel Turkel, Joanna Cassidy. Produttore: Michael Deeley. Distribuzione: Lucky Red. USA, 1982.
Nasti d’Argento: Miglior Sceneggiatura, Miglior Soggetto Originale, Miglior Produzione.
David di Donatello: Miglior Attore, Miglior Produzione.
Sinossi
Nella Los Angeles del futuro, Deckard è un cacciatore di replicanti o lavori in pelle come li chiama con disprezzo il suo capo. Vorrebbe ritirarsi dal suo lavoro per la blade runner, ma gli affidano un ultimo compito, quattro modelli nexus-6 fuggiti dalle colonie spaziali e arrivati sulla Terra, con pochi giorni di vita rimasti prima della loro scadenza, che scatta dopo quattro anni di esistenza. Deckard sa riconoscere i replicanti grazie al test Voight-Kampff, che valuta le reazioni emotive di fronte a domande provocatorie, e il loro creatore, il capo della Tyrell corporation, lo mette alla prova con una replicante speciale, che non sa di esserlo, Rachel. Lei, sconvolta dalla verità, cercherà Deckard, che decide di proteggerla e non "ritirarla", perché sogna che al termine della sua missione potrà vivere in pace con lei.
Recensione
Los Angeles in un futuro non troppo lontano, Metropolis di Fritz Lang nel passato ancora percepibile e nell’inconscio collettivo.
Alcuni replicanti, progetti genetici inventati per superare i robot, e perfetta imitazione della forma umana, sono fuggiti e si nascondono nella città.
Un cacciatore di taglie deve scoprirli e disporne la cattura o l’eliminazione, ma gli inventori non avevano previsto che l’intelligenza dei replicanti si evolve in senso umano velocemente e, addirittura, si traduce in sentimenti.
Film di enorme successo mondiale – Ridley Scott si era già clamorosamente affermato con Alien - e, come nel caso di Amadeus, sottoposto a interventi di varia modifica, Esistono infatti due finali: uno più ottimista e l’altro catastrofico. Da osservare, poi, una certa attiguità con Shining di Stanley Kubrick per le riprese aeree.
Dramma post-moderno ormai classico, Blade Runner intreccia modalità noir (la figura del cacciatore di taglie ricorda i detectives di Chandler) con il fantasy e recupera in avanti il linguaggio storico della fantascienza, mentre lascia trasparire topos della mitologia e della tragedia antica. Quanto al paesaggio che, come accennato, allude a quello di Metropolis, coi suoi piani alti e sotterranei, è stato inventato dall’artista concettuale Syd Mead; un mondo senza luce, inquinato, nebbioso anche negli interni, non troppo lontano, azzarderei, da quello del tarkovschiano Stalker. Tutto sembrerebbe ubbidire a un destino di pura catastrofe ma emergono, imprevisti, la tristezza per la morte inevitabile (i replicanti sono programmati per un periodo definito e breve) e addirittura una umanissima e “universale” angoscia. Il gioco sul tema del doppio con le sue sorprese, i trucchi e i colpi di scena è quindi abbandonato a una rassegnazione vieppiù sofferta sotto l’incessante pioggia metafisica. In altri termini il genere a effetti speciali, che tanto invaderà gli schermi di tutto il mondo, si piega alla rappresentazione del dolore e, forse, di un’atavica pietà. Tullio Masoni
(Critico cinematografico)
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