Sceneggiatura: David Self. Fotografia: Conrad L. Hall. Musiche: Thomas Newman. Montaggio Jill Bilcock.
Interpreti: Tom Hanks, Paul Newman, Jude Law, Tyler Hoechlin, Stanley Tucci, Liam Aiken. USA - 2002 - 115'
Negli USA l'hanno già etichettata come "dolore del padre"
(father's grief), questa sensazione densa, oleosa, di pena,
affetto e responsabilità che emana da figure paterne in film
come Signs e questo Era mio padre - Road to perdition, il
secondo film dell'inglese Sam Mendes affermatosi con il
successo prodigioso di American beauty. Sensazione tanto
più inedita, in questo caso, perchè si tratta di un padre che di
mestiere fa il gangster e il killer.
American beauty era pieno di stile e poco di vita - quella che
doveva esserlo era in realtà una sua caricatura -, Road to
perdition lo è ancor di più, e questo, paradossalmente, lo
rende più convincente: perchè Mendes sembra molto più
competente nel costruire estetiche che somigliano a racconti,
fini efflorescenze di immagini che liberano emozioni legate alla
cura di una forma, che non parlarci con urgenza di qualcosa
che gli sta a cuore. E' un onesto mestiere anche questo: è
una ingrata bugia pensare che chiunque faccia cinema debba
essere un autore.
In American Beauty l'occhio si riempiva delle allucinazioni su
un letto di petali, qui lo fa con l'old fashion di berretti, soprabiti,
ford modello T, biciclette, mitra e aratri abbandonati in un
campo dell'America metropolitana e rurale degli anni '30. Nel
riprodurla su uno schermo dotando quasi ogni faccia e ogni
angolo di strada di un tratto, Mendes, che si è ispirato ad un
fumetto di tendenza di un certo successo negli USA, non ha
nessuna difficoltà. Così come piuttosto convincente è l'idea di
stravolgere il cliché del gangster e invece di farne un duro che
indossa gessati e libera in continuazione, intorno a sè, gesti di
abilità (James Cagney, saltellava come un ballerino, George
Raft faceva giochi con le mani e con gli stecchini nella bocca),
dipingerli come una umanità consapevole della propria brutalità
come di un fato tragico.
Ma è Tom Hanks, un attore, più della macchina da presa, a
dotare il film del peso specifico necessario a comunicare
qualcosa in più rispetto all'uniforme e colta superficie delle
immagini. Colora l'impassibilità del duro di crime movie di un
senso di colpa accettato come una missione eroica, la sua
capacità di sopravvivere e di uccidere e di affrontare il pericolo,
è una forma di destrezza per la quale sembra provare una
indifferenza costante o una repulsione che non è in grado di
confessare. Il suo attaccamento alla famiglia è l'unico riscatto
per una vita della quale sembra conoscere a perfezione
l'immoralità. Quando moglie e figlio vengono fatti fuori, perchè
un altro dei suoi figli è stato testimone di una resa dei conti
che lo ha visto come protagonista, inizia un viaggio verso la
propria autodistruzione il cui unico pegno è garantire al figlio
sopravvissuto un futuro diverso. E' pura Hollywood: un
messaggio troppo edificante ed elementare per farsi perdonare
il fascino della violenza dal quale la macchina da presa, e
l'industria americana, usano come propellente per catturare
l'istinto del grande pubblico (anche in questo caso, è ancora
un altro attore, Jude Law, nei panni di un killer sadico e
amante della fotografia a offrire il film la chance di una vitalità
non programmata).
Pieno di cappotti pesanti inzuppati di pioggia e di occhi azzurri
di origine irlandese, Road to perdition, gangsterfilm
esistenziale, ha una sceneggiatura di qualità superiore a
quella del cinema americano di oggi (di David Self, lo stesso di
Thirteen Days), una colonna sonora, ancora una volta,
superba, di (Thomas) Newman, un (Paul) Newman d'annata e
un finale più sommario e dolciastro di quanto il film meriti. E'
uno spettacolo di classe che deve la sua rivincita edipica (i
padri difendono i figli anche se questi sono destinati a
ucciderli), soprattutto alle sfumature del dolore di Hanks e del
suo padre simbolico, Newman, per i quali la sopraffazione e
l'ingiustizia del mondo, che li ha visti complici per una intera
vita, ha tutta l'aria di un peso della cui liberazione saranno
grati alla propria morte.
di Mario