Tim è un normale ragazzo di città, dalla vita tranquilla e felicemente fidanzato con Jessica. Questa tranquillità viene interrotta dalla tragica notizia della morte di sua madre, si trova così costretto a tornare nella casa natale, dove dovrà fare i conti con le paure del passato che tornano a farsi vive. Infatti, alla tenera età di 8 anni, il padre scomparve, davanti ai suoi occhi, risucchiato nell’armadio da quello che è ritenuto l’essere più spaventoso per eccellenza: l’uomo nero. Difficile da credere, ma la realtà vuole che mostri il coraggio necessario per fare i conti con le proprie fobie, anche a rischio di perdere le persone più care. Dopo i vari Freddy Kruger, Michael Myers e Jason Voohrees e sazi della miriade di remake nipponici con bambine dai capelli corvini chiamate Samara o case infestate da spettrali pargoli di nome Toshio, la cinematografia americana tira fuori dal macabro cilindro del genere horror il personaggio più antico e comune che la psiche umana possa conoscere: l’uomo nero, negli Stati Uniti conosciuto come Boogeyman, macabra figura, ormai da secoli minaccia dei bambini che la notte non hanno intenzione di chiudere occhio, che in patria ha fatto immediatamente centro al botteghino. Misterioso e oscuro quanto basta, “Boogeyman - L’uomo nero” si rifà non poco al citato cinema horror orientale, soprattutto per quanto riguarda narrazione e atmosfera, tranquillamente accostabili ad opere come “The ring” ed il più recente “The grudge”, e l’incipt ricorda in maniera incredibile “Al calar delle tenebre” di Jonathan Liebesman, il quale, tra l’altro, portava sullo schermo un’altra leggenda del mondo infantile: la fata dei denti. Fortunatamente, però, il lungometraggio di Stephen T. Kay (La vendetta di Carter), cosparso di misteri e fantasmi del passato e non privo di riferimenti a titoli degli ultimi anni come “They-Incubi dal mondo delle ombre” e “Gothika”, impreziosito dalla cupa fotografia di Bobby Bukowski (Arlington road), che concede ben poco spazio a situazioni luminose, e tempestato di momenti che, grazie all’introduzione improvvisa di effetti sonori dal disturbante impatto uditivo, riesce a far balzare in più di un’occasione lo spettatore dalla poltrona, è basato sapientemente sull’attesa e sulla tensione, per condurre ad un finale che scioglie tutti i nodi legati alla vita del protagonista Tim. Non per nulla, produttore del film è quel genio che porta il nome di Sam Raimi, maestro del cinema horror (e non solo) che ha dato i suoi frutti con opere come “La casa” ed i suoi sequel, e fondatore, insieme all’inseparabile compagno d’avventure cinematografiche Robert Tapert, della Ghost House pictures, con la quale, di recente, oltre a questo Boogeyman hanno finanziato il succitato “The grudge” di Takashi Shimizu. Curiosità: nella parte della madre di Tim troviamo una deperita Lucy Lawless, irriconoscibile per chi è abituato a vederla atletica e robusta nella serie tv Xena (anch’essa prodotta da Raimi).
(Mirko Lomuscio)
Sceneggiatura: Erik Kripke, Juliet Snowden, Stiles White. Fotografia: Bobby Bukowski. Montaggio: John Axelrad. Musiche: Joseph Loduca. Costumi: Jane Holland. Interpreti: Barry Watson, Emily Deshanel, Skie McCole Bartusiak, Lucy Lawless. Produttori: Sam Raimi e Rob Tapert. Distribuizione: Eagle Pictures. Origine: U.S.A., 2005. Durata: