Con il suo primo lungometraggio, premiato alla Semaine de la Critique di Cannes 2004, Eléonore Faucher mostra che è possibile fare un film di sentimenti senza finirne preda. L’ennesima storia di edulcorata sorellanza si tramuta, nelle mani della regista, nel telaio di una messinscena di ghiacciato e vivido splendore: in un paesaggio livido, in magico equilibrio fra il peso della realtà e l’astrazione del sogno, un pugno di personaggi affronta in muto e febbrile isolamento l’elaborazione di un lutto (diversi lutti, a dire il vero, ma intimamente connessi: la gravidanza di Claire è frutto di un incidente al pari della morte del figlio della signora Mélikian, morte di cui si sente responsabile il giovane Guillaume, non indifferente allo schivo fascino di Claire). Le parole della menzogna e i segni della vita si posano sui corpi e sulle anime come dettagli di un prezioso ricamo: Faucher evita la pedante compiutezza, preferendole un mosaico di parole spezzate, sguardi obliqui, gesti eloquenti. Dio è nel particolare, solo gli occhi dell’amore possono coglierlo: chi tenta di violare i segreti del santuario finisce per (s)fasciarsi la testa. La nebbia delle ellissi fa emergere abbaglianti momenti di cinema (il cinereo prologo, le fugaci, allusive epifanie, il rossetto rinnegato, la scena a tre nel laboratorio), in virtù dei quali si perdona facilmente qualche dialogo inutile (vedi il prefinale). I giovani Naymark e Laroppe sono quasi al livello di Ariane Ascaride (sublime, al solito).
Stefano Selleri
Sceneggiatura : Éléonore Faucher. Fotografia : Pierre Cottereau. Musiche: Michaël Galasso. Scenografia: Philippe Van Herwitjen. Montaggio: Joële Van Effenterre. Interpreti: Lola Naymark, Ariane Ascaride, Jackie Berroyer, Thomas Laroppe, Marie Félix, Elisabeth Commelin, Anne Canovas, Marina Tomé. Produttori: Alain Benguigui e Bertrand Van Effenterre. Distribuzione: BIM. Origine: Francia, 2004.