La vita di Jacobo è tutta casa e lavoro, nella piccola e malandata fabbrica di calzini che gestisce con la fedele collaboratrice Marta. La quotidianità di un rapporto fatto di borbottii e silenzi viene interrotta dall’inaspettata visita di Herman, fratello di Jacobo, che vive all’estero da molti anni. La morte improvvisa della vecchia madre costringe Jacobo ad inscenare un menage familiare che ha dell’incredibile. In occasione delle esequie materne e dell’arrivo del vecchio fratello, Jacobo si vede costretto a chiedere a Marta di fingersi sua sposa per il tempo strettamente necessario a superare l’imbarazzante visita. L’irruzione di Herman, a suo modo simpatico ed estroverso, sarà l’unica occasione per l’improvvisata coppia di superare le proprie timidezze e fare i conti con una personalità fin troppo riservata.
Il titolo del film non ha nulla di alcoolico. Whisky, in questo caso, è la magica parolina da pronunciare davanti all’obiettivo di una macchina fotografica per permettere alle labbra di piegarsi all’insù e di sorridere. Un sorriso che per tutto il film viene tenuto ben nascosto, immortalato solo nei momenti in cui ridere diventa un obbligo più che una necessità. La routine di una misera fabbrichetta, di rapporti umani bloccati in surreali conversazioni di circostanza (un po’ come parlare del clima negli ascensori) si scontrano con il desiderio fortissimo di una socialità rimandata per tutto l’arco dell’esistenza. Trova spazio in questa commedia la genuina volontà di mettersi in gioco e di scoprire le basilari pulsioni dello spirito. Jacobo (un bravissimo Andréas Pazos) è un sessantenne disilluso e disincantato, pronto a sacrificarsi solo per i suoi calzini e le partite di calcio, unici momenti in cui dà davvero sfogo alla sua personalità. Marta (Mirella Pascual), altrettanto timida e umile con il suo padrone, è ossequiosa e rispettosa al punto da sacrificarsi al suo volere e diventarne, per qualche giorno, l’amatissima sposa. Ma Herman (Horge Bolani) porta una ventata di freschezza inaspettata - freschezza che, però, mantiene sempre e in tutte le sue forme un velo di innata malinconia nei confronti della vita! - tale da posticipare di qualche giorno il ritorno a casa.
Il film di Rebella e Stoll è in buona parte riuscito. Originale, tenero, e senza smanie autoriali. Lucido nel rappresentare la fragilità dell’animo umano alle prese con le proprie tecniche di solitudine. La regia è ben confezionata: immagini ricercate e suggestive, allentate solo da un ritmo poco incisivo e in contrasto con le movimentate riprese della camera a mano. Le luci (perfettamente aderenti alla tradizione sudamericana, da Inarritu a Reygadas) contribuiscono a creare una fotografia dal tono cupo ma aggraziato, rimandando alle luci colorate della città in lotta con la costruzione minimalista e povera degli interni. Un film per chi ha voglia di sorridere a mezza bocca, con un whisky fra le labbra.
Sceneggiatura: Pablo Stoll, Juan Pablo Rebella, Ponzalo Delgado Galiana. Scenografia: Ponzalo Delgado Galiana. Montaggio: Fernando Epstein. Musiche: Pequeña Orquesta Reincidentes. Fotografia: Barbara Alvarez. Interpreti: Andrés Pazos, Mirella Pascual, Jorge Bolani. Produttore: Fernando Epstein. Origine: Uruguay/Argentina/Germania/Spagna, 2004.