Roma, terrazza del Pincio, lui chiede a lei: "Mi sposi?" e lei: "Certo che ti sposo". In questa romantica cornice comincia la storia di Francesca (Stefania Rocca) e di Ugo (Giorgio Pasotti). Francesca e Ugo che dopo dieci anni di matrimonio si rendono conto di non essere più innamorati, e per non diventare la solita coppia che litiga furiosamente e passa anni in tribunale per stabilire a chi debba andare la teiera della nonna, decidono per una separazione consensuale e civile. I bambini, Anita (Aurora Manni) e Alessio (Niccolò Perito), restano con la mamma mentre papà va via di casa, pur tornando ogni volta che vuole per stare con i suoi figli. Le premesse sono tutte pace e serenità dunque, ma in una coppia, legata dagli anni vissuti insieme e dalla comune responsabilità di crescere dei bambini, quando è davvero tutto finito? Il presupposto di "Voce del verbo amore" di Andrea Manni, è sostanzialmente questo. Come ci dice Maurizio Costanzo, autore del soggetto e co-sceneggiatore del film assieme allo stesso regista ed a Anne Riitta Ciccone e Silvia Ranfagni, questo è un lavoro che sposa la causa del "riproviamoci", ovvero, in un mondo dominato dai rasoi usa e getta, dagli speed date e dalle monoporzioni, non sarà il caso di impegnarsi di più a cercare delle ragioni per stare insieme piuttosto che gettare la spugna alla prima difficoltà? Tra le altre cose, in questo caso pare che tra i due ex coniugi anche il sentimento non sia del tutto esaurito. Infatti quando Ugo inizia una relazione con Matilda (Magdalena Grochowska), una splendida ragazza figlia di mamma danese e papà italiano, disinibita e libera, e Francesca incontra un confuso ex fidanzato, Ernesto (Sergio Albelli), la gelosia ci si mette di mezzo ed entrambi cominciano a perdere quell'autocontrollo che gli aveva consentito di separarsi pacificamente. Se poi lo strampalato padre di Ugo, Ettore (Tony Kendall), ha un attacco di cuore, ed il pestifero Alessio si perde per le strade di Roma perché vuole "andare in Africa", allora, nelle difficoltà riavvicinarsi è un attimo. Il problema a quanto pare resta uno solo: come dirselo? Come si fa a dire "Ricominciamo"?
"Voce del verbo amore" è una commedia leggera leggera ma non inconsistente, in cui attori spigliati fanno un buon lavoro nell'interpretare questi due sposi tanto preoccupati di mantenere un rapporto civile, da non riuscirci affatto, non rendendosi conto forse che la civiltà, tra due persone intimamente legate, può subentrare solo se l'amore è finito. Il punto dunque è comprendere quale sia la differenza tra voler bene e amare, perché, come dice Gioia (Cecilia Dazzi) collega single di Francesca, se vuoi bene a qualcuno ne senti la mancanza, se ami qualcuno non puoi farne a meno. Una commedia romantica come altre viste prima insomma, ben diretta, ben interpretata, e con qualche assonanza con pellicole precedenti come ad esempio "Casomai" di Alessandro D'Alatri. Assonanza quasi inevitabile per due motivi: il primo è che quando si parla di relazioni, o di separazioni come in questo caso, le tematiche si avvicinano fino a toccarsi; e il secondo è la presenza della stessa brava protagonista, Stefania Rocca, la quale confessa di essersi divertita qui a cadere nello stereotipo della moglie separata e frustrata, facendo in alcuni momenti della sua Francesca un'urlatrice isterica. Ed in effetti alcune delle scene meno riuscite sono proprio quelle in cui i due coniugi invece di parlarsi, si scambiano insulti ed impropèri vari.
Soggetto: Maurizio Costanzo. Sceneggiatura: Anne Riitta Ciccone, Maurizio Costanzo, Andrea Manni, Silvia Ranfagni. Fotografia: Massimo Pau. Scenografia: Stefano Giambanco. Costumi: Chiara Ferrantini. Montaggio: Alberto Lardani. Musiche: Teho Teardo. Interpreti: Giorgio Pasotti, Stefania Rocca, Cecilia Dazzi, Magdalena Grochowska, Eros Pagni, Aurora Manni, Niccolò Perito, Tony Kendall, Simona Marchini. Produttori: Marco Poccioni, Marco Valsania. Distribuzione: Medusa. Origine: Italia, 2007.