Dopo una malattia mentale, che l'ha costretta quindici anni in una clinica psichiatrica, una donna di origine italiana recupera la lucidità e la voglia di ricominciare a Davenport, una cittadina tranquilla nello Stato dello Iowa. Decisa ad avviare un ristorante italiano, affitta il piano terra di Snakes Hall, tetro e cupo edificio in cima a un colle. Costruita all'inizio del novecento e successivamente trasformata in un gerotrofio, Snakes Hall sembra nascondere dietro le pareti un terribile segreto. La donna, svegliata ogni notte da una voce querula, decide di indagare. Scoprirà molto presto che la casa è stata teatro di crudeli trapassi.
Dopo tante rievocazioni autobiografiche e nostalgiche o vivaci e sottili quadri di conflittualità famigliare, Pupi Avati torna a compiere un'incursione nel genere praticato all'inizio della carriera con film che avevano sorpreso il cinema italiano e la critica degli anni '60, caratterizzati da storie, ambientazioni e modalità narrative inedite. Lontano dalla piattezza della pianura padana e dal profilo alto dell'Appennino tosco-emiliano, Avati cerca nel Midwest americano la dimora "ideale" per la sua protagonista: Davenport è una cittadina tranquilla e solare dell'Iowa, che diventa improvvisamente scenario di orribili delitti e perversioni, un luogo ideale da alterare e allucinare. Il personaggio interpretato da Laura Morante si "confina" nell'isolamento di una casa in collina per sfuggire a un passato traumatico. L'intento dell'autore è quello di spaventare il pubblico che accompagna la ricerca della Morante alla Snakes Hall, percorrendo scale e corridoi dell'edificio con la pila che muove un fascio luminoso sulle linee e le forme del décor di un ambiente ricostruito a Cinecittà. Dentro una casa che contiene, nasconde e "genera" personaggi, si muove a occhi aperti la macchina da presa di Avati, determinando uno spazio fisico e mentale unitario, delimitando lo stato d'animo e il sentimento della sua protagonista, facendo esplodere l'isteria e l'abituale maschera della Morante.
Il nascondiglio è un film girato, montato e recitato "dal vivo", aperto a ogni intrusione dell'inatteso, senza rinunciare mai al rigore formale e senza abbandonarsi all'indifferenza a cui molto spesso conduce il mestiere. La grande casa "di campagna" di Avati non ospita atmosfere festose, esplosioni di gioia, di sessualità e tenerezza: l'energia narrativa, questa volta, si esprime con voce orrorifica e si libera nel pianto, nel sangue e nel rancore. Ma, a dispetto della moderna propensione agli eccessivi spargimenti di liquido, lo splatter si limita in realtà a due sole sequenze decisamente efficaci, mentre veniamo trasportati in un fitto intrigo prevalentemente costruito sui dialoghi che, impreziosito dalla bella fotografia di Cesare Bastelli e Pasquale Rachini, e da un curatissimo sonoro dispensatore di scricchiolii e rantoli. Il film si presenta nelle vesti di spettacolo della paura su celluloide alla vecchia maniera, tanto più che la protagonista sembra fare a meno di telefoni cellulari e la coinvolgente ed inquietante atmosfera viene garantita tramite il semplice ricorso a nebbia, porte cigolanti e fantasmagoriche voci infantili.
Sceneggiatura: Pupi Avati. Montaggio: Amedeo Salfa. Fotografia: Pasquale Rachini e Cesare Bastelli. Scenografia: Giuliano Pannuti. Costumi: Bettina Bimbi. Musiche: Riz Ortolani. Interpreti: Laura Morante, Rita Tushingam, Treat Williams, Burt Young, Yvonne Sciò. Produttore: Antonio Avati. Distribuzione: O1 Distribution. Origine: Italia, U.S.A, 2007.