Elsa e Michele sono felicemente sposati, hanno una figlia e una splendida casa dove coltivano il loro amore e ricevono amici affettuosi. Elsa si è appena laureata in Storia dell'Arte e lavora al recupero di un affresco attribuito al Boniforti, Michele è stato invece estromesso dall'azienda dai suoi stessi soci, che ritenevano la sua gestione poco competitiva. Dopo la confessione del licenziamento, Elsa e Michele sono costretti a riconsiderare e ridimensionare il loro alto tenore di vita arrivando a confrontarsi drammaticamente col mutato mercato del lavoro.
Dopo Agata e la tempesta e Brucio nel vento Silvio Soldini torna al cinema proponendo un film toccante sulla precarietà del lavoro e la staticità della vita. Giorni e nuvole si muove staticamente, lento, ma inesorabile come una nuvola, con una regia volta a richiamare costantemente, attraverso continue allegorie (presenza di acquari, di foto, di affreschi e barche) l'immobilità della condizione sociale dei due protagonisti. Tutto il film va quindi interpretato in questo senso: una riflessione a una situazione di staticità (vissuta a causa della perdita del lavoro e dell’incapacità di trovarne un altro) che però, come il restauro di un antico affresco, si muove verso la riscoperta del proprio sé. Silvio Soldini dimostra ancora una volta l'originalità dello sguardo e una straordinaria capacità di sapere tradurre questioni esistenziali in metafore estetiche e lo fa scegliendo di raccontare una storia dolorosa dentro un paesaggio sociale popolato dal disagio e dall'insicurezza.
Secondo un procedimento ripreso in tutti i suoi lavori, Soldini fa in modo che ai propri personaggi accada qualcosa che genera un vuoto nella loro esistenza, una disponibilità di tempo sgombro dalle occupazioni consuete. Questo intervallo permette ai protagonisti di guardare alla vita con altri occhi e di considerare e sperimentare altre possibilità. Lo scarto temporale si accompagna a un'analoga dislocazione dello spazio, infatti, dopo aver perso il lavoro, Elsa e Michele traslocano, ma rispetto ai precedenti film del regista, in Giorni e nuvole non ci sono fughe deliberate a Sud o verso il Monte Bianco: c'è una città di mare, Genova, dove restare e dove le nuvole vanno, vengono e, ogni tanto, si fermano; c'è un lavoro perso e un altro da trovare; c'è una vita a cui rinunciare e un'altra da costruire. Soldini riflette sull'equazione tra lavoro e tempo: se si lavora poco si perde tempo, se si lavora molto, si guadagna tempo. Quando il Michele di Albanese perde il lavoro entra in un tempo dell'attesa e dell'introspezione: incapace di riorganizzarsi la vita senza i ritmi dell'azienda, il protagonista vive una progressiva perdita di definizione. Michele appartiene alla borghesia alta e intellettuale, una classe che ha fatto del lavoro la misura di ogni cosa e la fonte della propria identità. Elsa, abituata a riflettersi nel lavoro del marito e a godere del prestigio sociale e delle opportunità della loro condizione, trova uno, due o tre lavori per provare a rientrare nella "normalità" da cui sono usciti. I due protagonisti sono avvolti da un velo di sofferenza non detta, da una cortina impenetrabile che rende inutile qualsiasi contatto umano. Capiranno insieme, distesi a contemplare l'affresco del Boniforti, che è l'amore e non il lavoro a produrre valore e realizzazione personale.
Soggetto: Doriana Leondeff, Francesco Piccolo e Silvio Soldini. Sceneggiatura: Doriana Leondeff, Francesco Piccolo, Silvio Soldini e Federica Pontremoli. Montaggio: Carlotta Cristiani. Musica: Giovanni Venosta. Costumi: Silvia Nebiolo e Patrizia Mazzoni. Fotografia: Ramiro Civita. Intepreti: Margherita Buy, Antonio Albanese, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Fabio Troiano e Carla Signoris. Produttore: Lionello Cerri. Distribuzione: Warner Bros. Origine: Italia, 2007.