Hank Deerfield, un veterano del Vietnam maniaco dell'ordine e patriota devoto, parte alle ricerca del figlio Mike, tornato dall'Iraq da appena una settimana e misteriosamente scomparso. Dopo le prime infruttifere ricerche e grazie all'aiuto dell'ispettore Emily Sanders, vessata dai colleghi e costretta a occuparsi di piccoli casi irrisolti, il cadavere del giovane soldato viene ritrovato in una zona militare, fatto brutalmente a pezzi e con segni visibili di bruciature. L'universo della famiglia Deerfield cade a pezzi, punito per la seconda volta con la scomparsa di un figlio, scardinando le convinzioni etiche e morali dell'orgoglioso militare in pensione, convinzioni che iniziano a vacillare mano a mano che la verità sull'efferato delitto salta fuori.
Il ritorno di Paul Haggis alla regia, oscar alla sceneggiatura per Crash Contatto Fisico, è di quelli che non passano inosservati. Una penna impeccabile che muove delicatamente la macchina da presa, una storia che mette in gioco tutto: paure, veleni, ingiustizie, scomode verità e tanto orgoglio ferito. Una costruzione narrativa che non può essere scalfita sotto nessun punto di vista: intreccio, pathos, commozione e citazioni bibliche (il titolo riprende lo scontro fra Davide e Golia consumatosi nella valle di Elah) sono impeccabili e rendono il film privo di qualsivoglia smagliatura. Accompagnato da un cast d'eccezione Paul Haggis riesce ancora una volta a realizzare un film al tempo stesso poetico, terribile, intenso, indicando una certa stanchezza degli americani nei confronti della guerra in Iraq. All’inizio vediamo un insieme di bandiere americane, sentiamo frasi a sfondo razzista e assistiamo a momenti patriottici: si storce il naso, ma è tutto calcolato, perchè il fine di Haggis è di rovesciare quell’America che manda i suoi soldati orgogliosamente in Iraq, facendo loro credere che l’ideale della patria sia l’unica strada da seguire mentre vanno al macello. Non è un film di guerra o sulla guerra, evidentemente, ma di profonda denuncia. La parabola di Hank Deerfield (un ottimo Tommy Lee Jones) non si tira indietro nel mostrare orrori e inquietudini, nel svelare misteri che tali non sono e oggi come oggi tutto questo non può fare che bene all’America stessa. Nella Valle di Elah è un film che fa male e commuove, e Paul Haggis si avvicina sempre più a Clint Eastwood come poetica cinematografica. Il suo cinema è classico, il suo rigore stilistico sempre più convincente e la sua idea di umanità appare condivisibile. Il film è pervaso da un alone di mistero intrigante e preoccupante che coinvolge lo spettatore, anche grazie ai toccanti momenti di disperazione, come la telefonata tra Tommy Lee Jones e la moglie Susan Sarandon, che dopo la morte di due figli ha il cuore spezzato. Haggis riesce ad amministrare la materia in modo ottimo, tanto da colpire lo spettatore con un climax emozionale sempre ascendente. Il messaggio finale, grazie ad un’inquadratura splendida che incrina il cuore, è chiaro e palese, pacifista e doloroso: non si vuole mai più vedere Davide scendere nella Valle di Elah per combattere contro Golia.
Sceneggiatura: Paul Haggis. Soggetto: Mark Boal e Paul Haggis. Montaggio: Jo Francis. Scenografie: Laurence Bennett. Fotografia: Roger Deakins. Musiche: Mark Isham. Intepreti: Tommy Lee Jones, Charlize Theron, Susan Sarandon e Frances Fisher. Produttore: Paul Haggis. Distribuzione: Mikado. Origine: U.S.A., 2007.