La storia narra le vicende di alcuni personaggi e si svolge su tre fronti. In un ufficio del Congresso, il Senatore Jasper Irving sta per fornire una storia sensazionale su una nuova strategia bellica ad una giornalista televisiva che svolge delle ricerche. I due portano avanti un feroce gioco tra gatto e topo utilizzando arguzia, fascino e vari sotterfugi. Alla West Coast University un professore un tempo idealista, il dottor Malley, si confronta con uno studente capace e smaliziato, che ha bisogno di una spinta perché rischia di non sfruttare tutto il suo enorme potenziale. Nel frattempo, nel cuore di una battaglia in Afghanistan, due ex studenti di Malley, Arian ed Ernest, vivono sulla propria pelle i dibattiti e i discorsi dei mentori e dei politici in un acceso combattimento per la sopravvivenza, con delle conseguenze strazianti che avranno ripercussioni sulle vite di tutti loro.
La guerra: una macchia rossa su un foglio bianco. Non una figura regolare, non un cerchio indivisibile, un insieme di atteggiamenti, idee e persone unite e impenetrabili, ma uno spruzzo improvviso e stonato, forte e dritto in alcune linee e curvo e pieno di insenature in altre parti. Chi ha il coraggio di dire che la sicurezza nazionale non sia importante? Ma, allo stesso modo, chi può sostenere senza alcun problema, che la morte di soldati serva davvero a salvare altre vite? La guerra riguarda tutto, riguarda noi, anche se non vorremmo averci a che fare. La guerra è complessa, ha più strati, è instabile, vive di motivazioni contrapposte e, per questo, è giustificata e ingiustificabile allo stesso tempo. Sono queste le considerazioni da cui è partito lo sceneggiatore Matthew Michael Carnahan per scrivere il film: tre luoghi d’azione per tracciare i tratti principali che delimitano la guerra, dalla politica che si confronta con la stampa, al professore che sollecita il giovane studente a prendere coscienza. Due coppie di dialoghi che si completano con la narrazione di chi ha già compiuto una scelta, giusta o sbagliata che sia, e che ora il sangue lo vede sul proprio corpo. La grandezza del film di Robert Redford inizia prima di tutto da questo approccio. Che il suo autore sia contrario all’ingaggio militare è chiaro, ma per fare emergere il proprio punto di vista non strumentalizza gli eventi, ma si preoccupa di prevedere tutte le possibili controargomentazioni, lasciando metaforicamente parlare anche i pensieri avversi. Il senatore repubblicano interpretato da Tom Cruise, è talmente credibile nel perorare la propria causa che la giornalista Meryl Streep, anziché contraddirlo, sembra più volte affascinata e persuasa dalle sue parole. Il vero pensiero degli autori, e cioè che si tratti in realtà dell’ennesimo uomo spregevole mosso solo dall’ambizione, non è esplicito e sbattuto in faccia allo spettatore: lo si intuisce più volte, ma è rivelato solo dalla battuta finale e il montaggio delle tre storie è fondamentale a questo scopo.
Il messaggio che ne scaturisce punta alle coscienze di noi spettatori: tutti possiamo fare qualcosa, tutti abbiamo il dovere morale di scegliere come e dove stare, non ci si può girare da un’altra parte, perché come si può godere la vita se si sa che dall’altra parte del mondo c’è morte e disperazione? Redford è contrario alla guerra, ma rispetta i soldati che si sono impegnati in nome del proprio Paese: quando i due ex studenti si alzano in piedi, non sono i protagonisti di una retorica scena di coraggio, ma gli emblemi del coraggio stesso: quello di credere che le cose si possono cambiare davvero.
Sceneggiatura: Matthew Michael Carnahan. Montaggio: Joe Hutshing. Scenografie: Jan Roelfs. Fotografia: Philippe Rousselot. Costumi: Mary Zophres. Musica: Mark Isham. Interpreti: Robert Redford, Meryl Streep, Tom Cruise, Michael Pena, Andrew Garfield, Peter Berg e Derek Luke. Produttore: Robert Redford, M. Michael Carnahan, Andrew Hauptman, Tracy Falco. Distribuzione: 20th Century Fox. Origine: U.S.A. 2007