Dopo la caduta del Muro, lo spionaggio al cinema ha perso molte possibilità narrative e, insieme, molto del suo fascino.
Gli scarsi risultati ottenuti dal lavoro di intelligence in Medio Oriente, poi, hanno notevolmente ridimensionato l'idea che il pubblico poteva farsi delle spie e della loro presunta infallibilità. Non deve essere un caso che, proprio nelle ultimissime stagioni, le parodie hanno prevalso sui film di genere: va ancora forte Austin Powers, giunto al terzo episodio, ma anche Spy Kids e recentemente l'archetipo è stato ripreso da Eddie Murphy, insieme ad Owen Wilson, per Le spie.
E' forse nella speranza di rilanciare l'immagine appannata dell'agenzia, che la CIA ha offerto ampia disponibilità alla produzione di La regola del sospetto, evidentemente inconsapevole del ritratto impietoso che il film ne avrebbe offerto: un covo di paranoici costretti a guardarsi costantemente alle spalle e sempre pronti a tradire la patria per un pugno di dollari. E a poco vale il messaggio lanciato al pubblico tramite un dialogo del film, da parte di un istruttore della CIA: "Noi riveliamo i nostri fallimenti, ma non i nostri successi".
James Clayton (Colin Farrell) è un giovanotto neo-laureato, assai dotato in campo informatico, sui quali ha puntato gli occhi l'istruttore della CIA Walter Burke (Al Pacino). Alla proposta di quest'ultimo di entrare nelle fila dell'Intelligence, il giovane accetta nella prospettiva di conoscere la verità su suo padre, morto una decina di anni prima in circostanze talmente misteriose che gli hanno fatto sospettare si trattasse di un agente CIA sotto copertura. Dopo un test preliminare, Clayton è inviato, insieme ad un'altra ventina di aspiranti agenti, in un centro segreto di addestramento, dove le sue capacità di resistenza fisica e morale vengono messe a dura prova. Superata anche questa prova, l'agente ottiene la prima missione, che consiste nello smascherare una talpa che opera all'interno della stessa CIA.
"Niente è ciò che sembra" sentenzia l'agente Burke al suo primo incontro con il giovane Clayton. La massima della CIA verrà ripetuta più volte nel corso del film, a mò di monito per l'aspirante agente ma anche per lo spettatore, che segue lo svolgersi dei fatti dal punto di vista del giovane in un susseguirsi di depistamenti, rovesciamenti di ruoli, situazioni equivoche e quant'altro possa offrire uno spy movie.
La trovata originale di La regola del sospetto è quella di mantenersi ancorato al genere pur sfrondandolo di alcuni elementi topici, come le location esotiche e la ricchezza di personaggi. Si direbbe quasi un film di spionaggio 'da camera', con soli tre personaggi chiave (l'allievo, il maestro, un'altra allieva di cui Clayon si innamora) e un ristrettissimo raggio d'azione; a parte questo, i patiti del genere non avranno di che lamentarsi, tra il classico repertorio di ritrovati ultratecnologici, interrogatori di terzo grado, pedinamenti, inseguimenti tra i sotterranei e, naturalmente, la resa dei conti finale.
Diviso in tre parti - l'ingaggio, l'addestramento e la missione (la seconda è la migliore) - La regola del sospetto intrattiene fino in fondo grazie alla consumata abilità registica di Roger Donaldson e tre interpreti ben amalgamati. L'emergente Colin Farrell, per inciso, regge bene il duetto con Al Pacino per il quale il ruolo del mentore, dopo gli eccessi di Donnie Brasco e soprattutto di L'avvocato del diavolo, è praticamente una passeggiata.
(Alberto M. Castagna)
Sceneggiatura: Kurt Wimmer, Roger Towne, Mitch Glazer. Fotografia: Stuart Dryburgh. Musiche: Klaus Badelt. Scenografia: Andrew McAlpine. Costumi: Beatrix Pasztor. Montaggio: David Rosenbloom.
Interpreti: Al Pacino, Colin Farrel, Bridget Moynahan. Stati Uniti - 2003