1970. L'unico grande sogno del dodicenne Mauro é vedere il Brasile vincere il campionato del mondo per la terza volta, ma la sua tranquilla esistenza viene all'improvviso movimentata dalla frettolosa partenza per le vacanze dei genitori, che decidono di lasciarlo di fronte alla casa del nonno, non sapendo che questi é morto poco tempo prima. La partenza dei genitori di Mauro, in realtà, é legata al loro attivismo politico, per il quale sono ricercati dal governo brasiliano. Il bambino si trova così ad affrontare da solo una situazione del tutto nuova e forse più grande di lui.
Presentato in concorso alla cinquantasettesima edizione della Berlinale, L'anno in cui i miei genitori andarono in vacanza rappresenta bene l’evoluzione cinematografica che un paese come il Brasile ha realizzato negli ultimi dieci anni. Dal 1995 sembra viva una stagione felice, la cosiddetta “retomada” e questo processo di sensibilizzazione consiste nel riscoprire le identità e nel far conoscere e rendere protagoniste le problematiche della vita urbana, le zone di frontiera e le aree di frattura sociale. Lungi dal voler essere un semplice film di formazione in cui si mostra il passaggio del protagonista dall'infanzia alla sfera adulta, la vicenda tratta un tema impegnativo e importante come quello dell’esilio. Ognuno dei protagonisti si scontra con questa realtà sia letteralmente che metaforicamente. I genitori del protagonista sono costretti a lasciare il proprio figlio in quanto attivisti politici e Mauro non riesce a gustare fino in fondo le bellezze dell’infanzia in quanto perennemente in bilico tra il mondo reale e quello sognato. Il Brasile stesso risulta essere un personaggio in esilio e la passione che il suo popolo dimostra attraverso il tifo per i Mondiali del 1970 non ha nulla da spartire con il regime interno schiacciato dal potere di pochi.
Con un tono tipico della commedia, il piccolo protagonista sembra ricoprire il ruolo di regista. Grazie al suo sguardo curioso e alla voce vivace (è anche il narratore della storia) diveniamo quasi complici della sua capacità di adattamento a un mondo per lui ignoto e ostile. Fondamentali, nella pellicola, i colori del Bom Retiro, il frenetico quartiere in cui Mauro vive e che rappresenta, a suo modo, un vero e proprio universo in scala ridotta e dove portoghese, yiddish, tedesco e italiano sono le lingue parlate. La ricca offerta di stimoli culturali viene assorbita da Mauro e dai suoi giovanissimi amici con un candore e una leggerezza che controbilancia bene le tragedie di quegli anni.
Sceneggiatura: Claudio Galperin, Braulio Mantovani, Anna Muylaert, Cao Hamburger. Soggetto: Cao Hamburger e Claudio Galperin. Costumi: Cristina Camargo. Musiche: Beto Villares. Fotografia: Adriano Goldman. Montaggio: Daniel Rezende. Interpreti: Germano Haiut, Simone Spoladore, Caio Blat, Eduardo Moreira, Liliana Castro. Produttore: Caio Gullane, Cao Hamburger e Fabiano Gullane. Distribuzione: Lucky Red. Origine: Brasile, 2006