Matrix Reloaded, atto secondo di una trilogia che vedrà l'uscita del terzo episodio a novembre (Matrix Revolution), apparentemente prolunga la saga del primo film, che ha rivoluzionato il look della fanascienza, lo stile di ripresa dei film d'azione e il rapporto tra cinema e universo dei videogame. Seguendo una ritualità commerciale e narrativa che si sta affermando sempre più profondamente nella globalizzazione hollywoodiana delle immagini in movimento, prosegue le avventure del primo film e termina sul più bello come vuole la regola inviolabile della narrazione a puntate. Il primo è stato Lucas con Guerre stellari, Il signore degli anelli ha portato a perfezione la strategia seriale del kolossal cinematografico e i fratelli Wachowski, ideatori e registi dell'universo di Matrix, sembrano seguirne le orme con questo attesissimo seguito. Ora che Neo (Keanu Reeves), ha potenziato le sue straordinarie qualità cerebrali e fisiche diventando la spina nel fianco della dittatura tecnologica che da più di un secolo domina la terra, riusciranno gli uomini a riconquistare la libertà? Per la precisione, il film comincia informandoci che, se da una parte i ribelli hanno liberato sempre più individui assoggettati al condizionamento psicofisico delle macchine, queste ultime stanno sferrando un attacco cruciale alla roccaforte della resistenza, la città catacombale di Zion, situata nelle profondità della terra. Riuscirà a sfuggire alla distruzione?
L'immagine più inquietante del primo The Matrix, e anche una delle più inquietanti di tutto il cinema americano delle ultime stagioni, era una sterminata distesa di feti, in una landa desolata e buia, allevati da tentacoli giganti. Corpi incoscienti che con i loro sogni riforniscono di energia un mondo dominato dalle macchine. Non è un'allegoria provocatoria del cinema contemporaneo? La capacità di registrare la luce del mondo sulla pellicola è stata sostituita da un'infinità di software in grado di disegnare sullo schermo qualsiasi realtà facendoci credere che essa sia stata davvero catturata da uno sguardo. Come gli abitanti di Matrix, che non sanno di vivere nella più diabolica delle illusioni, anche gli spettatori si immergono oggi nella realtà virtuale di un universo che non può esistere di fronte a nessun occhio così come a nessuna macchina da presa. Le immagini più decisive di Matrix reloaded, sono invece quelle di masse di corpi che si addensano nel fotogramma: in una sorta di danza collettiva nelle caverne di Zion, che trasforma l'intera città in una sconfinata discoteca; nella scena virtuale della città di Matrix, dove i corpi artificiali degli agenti incaricati di fermare neo, si moltiplicano e sparpagliano come microrganismi che tentano, rabbiosamente, di bloccare un virus. Ma nonostante l'ebbrezza visiva del primo film venga liberata nel secondo, fino ad una esuberanza virtuosistica che confonde macchine e corpi fino al capogiro, la stampa americana ha espresso numerose riserve sul film.
Il secondo capitolo di una trilogia è sempre il più debole. Il primo può contare sulla sorpresa, il terzo sull'epilogo. Ciò che è in mezzo, non può farlo né sull'uno, né sull'altro. Per questo probabilmente, i Wachowski, portano ad incandescenza lo stile, divorando personaggi e storia. Non c'è inquadratura che non sia infoltita e arredata dal design di infiniti occhiali da sole ed esotici caffettani, dalla ammiccante lingerie tecnologica del latex o dal revival di giacche e cravatte anni sessanta. Il sincretismo culturale che nel primo episodio esibiva una sorta di compilation di suggestioni, da Baudrillard alla filosofia Zen, dalle allusioni bibliche al cyberpunk, da Philip K. Dick al birignao della New Age, prolifera nel secondo pescando dalla mitologia classica (la bellissima Persefone interpretata da Monica Bellucci), dalla storia della vecchia Europa (il Merovingio), dalle favole di Carrol (Il Fabbricante di chiavi). Ma l'impeccabile incubo razionale e metafisico dell'episodio fondante (non abbiamo e non avremo mai la prova definitiva che tutto ciò che noi crediamo reale lo sia sia davvero), esplode in una estenuazione visiva e ritmica che sembra il delirio di un software impazzito
Le sequenze di lotta con le arti marziali hanno la musicalità funambolica e la complessità coreografica di un balletto d'avanguardia, gli effetti di animazione virtuale moltiplicano i corpi producendo una sorta di marmellata di organismi artificiali che divorano come muffa il fotogramma, le scene d'azione si distendono a dismisura, feroci e impassibili, come un fato ineluttabile: i personaggi sembrano sapere bene ciò che Hollywood-Matrix ha imposto ormai da decenni all'immaginario del pianeta. Non c'è storia che non racconti lo scontro fisico di due antagonisti, non c'è film di un certo budget che non debba contenere un impegnativa sequenza di inseguimento di macchine. Per quella di The Matrix Reloaded, è stata costruita un'apposita autostrada.
Il secondo film, insomma, non ha la forza allusiva del primo e sembra far esplodere la lucidità del soggetto come la superficie di cristallo di uno dei grattacieli di Matrix, ma sembra dire qualcosa di altrettanto inquietante sul cinema di oggi e su ciò che lo alimenta. Siamo noi. Il nostro inconfessato amore per le macchine di cui popoliamo ogni ambiente in cui viviamo, le fantasie punitive di ferocia distruttiva che proiettiamo su di esse. E la nostalgia per una sorta di dolcezza infinita che nasce dall'incontro di due epidermidi, qualcosa che nessuna tecnologia potrà mai sostituire e che quell'amore per le macchina non potrà mai possedere. Matrix Reloaded, con il quale i Wachowski hanno portato all'estremismo e alla deflgrazione la ricetta di arti marziali, car chase ed effetti digitali di cui è fatto al 95% ogni blockbuster hollywoodiano, parla anche di questo, con i suoi infiniti balletti di kung fu e il continuo romanticismo di corpi che si cercano per un bacio, o una stretta mortale, ad ogni inquadratura.
(Mario Sesti)
Regia: Andy e Larry Wachowski. Sceneggiatura: Andy e Larry Wachowski. Fotografia: Bill Pope. Musiche: Don Davis. Costumi: Kym Barrett. Montaggio: Zach Staenberg. Interpreti: Keanu Reeves, Laurence Fishburne, Carrie-Anne Moss, Hugo Weaving, Jada Pinkett, Monica Bellucci, Gloria Foster. Stati Uniti - 2003 -