Australia, 1939. Sarah Ashley, un'aristocratica inglese, lascia Londra alla volta di Darwin, decisa a ricondurre a casa e al talamo coniugale il proprio consorte. Scortata da un mandriano brusco e attaccabrighe alla tenuta di Faraway Downs, Sarah scopre con sgomento la morte di Lord Ashley e la crisi in cui versa il ranch. L'incontro con una terra orgogliosa e selvaggia e l'affetto per Nullah, un orfano nato da madre aborigena e padre inglese, la convincono a restare e a risollevare le sorti della proprietà. Con l'aiuto di un mandriano innamorato, di un contabile ubriaco, di un misterioso stregone e di un piccolo meticcio, Sarah condurrà la propria mandria a destinazione attraverso un territorio impervio, vincerà una concorrenza sleale, sopravvivrà a un attacco aereo giapponese e vivrà una spettacolare favola d'amore.
Il cinema di Baz Luhrmann è musica per gli occhi e, a ben guardare, tutti i suoi film sono dei musical: da Ballroom a Moulin Rouge, passando attraverso il melodramma di Romeo + Giulietta. Senza essere propriamente un musical, accade anche in Australia che i personaggi parlino con una canzone: “Over the Rainbow” è intonata dalla Lady Sarah della Kidman, indugia sulle labbra di Nullah, suona nell'armonica di un contabile finalmente sobrio ed esplode nel cuore del mandriano di Jackman. L'aria più celebre del Mago di Oz è il fil rouge di un kolossal in cui nulla è ritenuto più importante dell'amore, della cura e dei bisogni degli esseri umani. Il tema dell'amore che si oppone alle regole possessive di un potere contrario è un altro elemento chiave del cinema di Luhrmann, nascosto dietro i divieti familiari che irretiscono gli adolescenti shakespeariani, fra le bizze di un duca smanioso di una “traviata” Satine o dietro la smoderata ambizione di un barone del bestiame. Nel meraviglioso mondo di Oz, collocato nel cuore dell'Australia, si realizza l'estremismo emotivo, l'eccesso formale e il gigantismo espressivo di un melodramma epico prossimo a Via col vento. Se il kolossal firmato da Fleming si dimostrò un prodotto da venditore a dispetto della creatività e dell'autorialità Australia non smentisce il suo autore e il suo cinema totale e totalizzante, che può essere riempito di qualsiasi storia e citazione filmica, letteraria o musicale. Sotto il sole e in fondo all'arcobaleno troverete allora una pentola di monete d'oro, di immagini già viste, di accumuli selvaggi, di stridenti (ma mai stonati) accostamenti. Mentre sulla superficie dello schermo si agita una storia tutta cinematografica e si esibisce la materia del narrare, nel secondo piano della visione si denuncia lo scandalo delle “generazioni rubate”, identificato nel piano governativo del Commonwealth per assimilare gli indigeni nella dominante comunità bianca. Dietro ai mulini a vento, l'autore australiano protegge e rivela i bambini (quasi tutti meticci) sottratti alle famiglie e consegnati a istituzioni assistenziali religiose per “sbiancarne” il colore e la cultura. Dichiarando la propria poetica imitativa, che finge di mostrare cose mai viste, Baz Luhrmann esplora la sua terra con sentimento smisurato, smascherando i colonizzatori inglesi che “epurarono il nero” e annullarono il tempo del Sogno degli antenati. Uomini magici che facevano esistere il mondo cantandolo.
Sceneggiatura: Baz Luhrmann, Stuart Beattie, Ronald Harwood e Richard Flanagan. Costumi: Catherine Martin. Scenografia: Catherine Martin. Musica: David Hirschfelder. Fotografia: Mandy Walker. Montaggio: Dody Dorn e Michael McCusker. Interpreti: Nicole Kidman, Hugh Jackman, David Wenham, Bryan Brown, Bruce Spence e Jack Thompson. Produttori: Baz Luhrmann, G. MacBrown e Catherine Knapman. Distribuzione: 20th Century Fox. Origine: U.S.A., 2008.