Il giovane John Witthaker s’innamora perdutamente di un’elegante e indipendente americana di nome Larita e la sposa. Viene quindi il momento di presentarla alla famiglia, che vive imbalsamata, in preda ai debiti, in una splendida villa della campagna inglese. Nonostante Larita faccia buon viso a cattivo gioco, è presto chiaro che la suocera non può vederla e anche le sorelle di John sono più che mai diffidenti nei suoi confronti. Lo stesso non si può dire, invece, del capofamiglia, un uomo che la guerra ha reso allergico all’ipocrisia, ma non insensibile all’intelligenza e all’ironia involontaria.
Stephan Elliott, regista del fortunato Priscilla, la regina del deserto e dell’incompreso The Eve, torna sullo schermo dopo dieci anni di latitanza con Matrimonio all’inglese, eccellente operazione d’adattamento della pièce omonima del commediografo Noel Coward, che in passato aveva già conquistato Alfred Hitchcock.
Se la storia poggia su un conflitto di civiltà canonico, tra vecchio e nuovo mondo, le tinte con cui l’autore inscena tale confronto sono deliziosamente originali e sembrano ricalcare l’aforisma di Wilde per cui gli inglesi “oggigiorno” hanno veramente tutto in comune con gli americani, tranne, naturalmente, la lingua.
Jessica Biel è l’indossatrice ideale dei panni della volitiva Larita, inetta nella nobile arte della sopportazione forzata e interprete dai tempi comici perfetti; Ben Barnes è il maritino plasmabile e naïve; Kristin Scott Thomas e Colin Firth, signori e suoceri, sono il re e la regina della risata a denti stretti. Ma il film non si riduce allo sfoggio di british humor, né alla rivisitazione in chiave più che mai dinamica dei clichè dell’irriverenza a corte (dalla preoccupazione patologica per l’animale domestico alla complicità fisiologica della servitù nel misfatto), ma si addentra, armato di una sottile lama di coltello, ad esplorare le conseguenze più intime di una lotta senza fine tra presente e passato all’interno della coscienza stessa di Larita e va sondando il prezzo e il gusto della libertà, soprattutto in amore.
Con Matrimonio all’inglese il regista australiano si cala in un’epoca passata con il passo curioso e spedito della contemporaneità, ma senza per questo farne un’operetta pop, anzi lucidando il jazz sul grammofono perché possiamo ricordarci d’un tratto di tutta l’energia e l’afflato di ribellione che già contiene. Nel bel mezzo dell’eccentricità apparente di Larita, che prende parte alla caccia alla volpe a cavallo di una moto, e dell’eccentricità reale di una caccia alla volpe vera e propria, Elliot non è certo tipo da sottrarsi alla gara di anticonformismo per nascondersi dietro una regia trasparente. Un tocco di musical, un profumo di bordello francese, una palla di biliardo ed ecco inscenata una lezione di stile, con tanto di approfondimento sull’inquadratura sardonica.
Sceneggiatura: Stephan Elliott e Sheridan Jobbins. Scenografia: John Beard. Costumi: Charlotte Walter. Musiche: Marius De Vries. Fotografia: Martin Kenzie. Montaggio: Sue Blainey. Interpreti: Jessica Biel, Colin Firth, Kristin Scott Thomas, Ben Barnes, Kris Marshall e Kimberley Nixon. Produttori: Barnaby Thompson, Joe Abrams e James D. Stern. Distribuzione: Eagle Pictures. Origine: Regno Unito, 2008.