Regia: Léa Domenach. Sceneggiatura: Clémence Dargent, Léa Domenach. Fotografia: Elin Kirschfink. Montaggio: Christel Dewynter.
Musiche: Anne-Sophie Versnaeyen. Scenografia: Colombe Gillet. Interpreti: Catherine Deneuve, Denis Podalydès, Michel Vuillermoz, Laurent Stocker, Lionel Abelanski, Sara Giraudeau, Victor Artus Solaro. Produttori: Nora Chabert, Fabrice Goldstein. Distribuzione: Europictures. Origine: Francia, 2023.
Bernadette Chodron de Courcel, moglie del Presidente Jacques Chirac, è la protagonista di una narrazione che sin dall'inizio dichiara di rifarsi ai momenti salienti della storia recente della Francia prendendosi però ampie libertà. Ne seguiamo il progressivo affrancarsi dalla figura dominante del marito al cui successo politico ha contribuito in misura notevole. Catherine Deneuve si muove con grande agio e divertimento nei panni di una donna che impara ad emanciparsi. Va fatta una premessa. Chi era presente alla proiezione in prima mondiale a Cannes de Il Divo di Paolo Sorrentino ricorda come i colleghi della stampa non italiana facessero fatica a districarsi nei passaggi della nostra politica che solo chi viveva oltre Ventimiglia poteva comprendere appieno. Quel film però si collocava su un livello che raggiungeva anche il grottesco richiedendo un alto intervento di decodificazione.
Léa Domenach, che è al suo primo lungometraggio, sceglie una strada diversa e punteggia la sua commedia di datazioni che accompagnano la narrazione rendendo tutto più semplice. Anche perché, pur non conoscendo nulla della politica d'Oltralpe, si può godere della prestazione della Deneuve e di chi le sta intorno soprattutto se si va con la memoria ad un altro film che l'ha vista protagonista. Si tratta di Potiche - La bella statuina di François Ozon in cui la Deneuve interpretava la moglie apparentemente svagata di un industriale che progressivamente sapeva farsi valere.
Qui, a quasi quindici anni di distanza, Catherine deve aver provato un grande piacere nell'indossare gli abiti (che a un certo punto un irritato Karl Otto Lagerfeld le impone di cambiare) di una donna a cui fisicamente non assomiglia per nulla ma di cui sa cogliere la capacità di attendere ma anche le spinte in avanti. Affiancata da un Michel Vuillermoz che offre al suo Chirac quel tanto di maschilismo vanesio che gli impedisce di comprendere quanto sua moglie sia in grado di cogliere i necessari punti di svolta strategici molto meglio di quanto non sappiano fare alcuni suoi vanagloriosi consiglieri. Domenach, che scrive il film insieme a Clémence Dargent, sa anche come affrontare la vita di una donna che era a sua volta impegnata sul versante politico ma doveva confrontarsi con due figlie molto diverse. Mentre una sentiva ancora su di sé i segni dell'anoressia l'altra si era dedicata totalmente alla carriera del padre di cui era diventata l'assistente. Nei colloqui con loro la commedia lascia il posto a dinamiche che forse solo una sceneggiatura pensata al femminile poteva cogliere.
Era da tempo poi che non si vedeva un poster di un film così ammiccante e carico di significato. Bernadette è al contempo un tutt'uno con la tappezzeria ma anche se ne sta staccando. È la sintesi del personaggio. Se poi, sul versante del gossip, vi chiederete chi fosse l'attrice italiana nella casa di Chirac (almeno così vogliono le ricostruzioni stampa) mentre la principessa Diana trovava la morte nel tunnel dell'Alma a Parigi, se prestate attenzione, finirete con il sentirla indirettamente citare.
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