Regia e sceneggiatura: Wong Kar-wai,Fotografia: Christopher Doyle. Montaggio: William Chang. Musica: Michael Galasso. Costumi: William Chang. Produttore: Gilles Ciment. Interpreti: Tony Chiu-Wai Leung, Maggie Cheung, Rebecca Pan, Lai Chen, Li Gong. Distribuzione: Lucky Red. Cina, 2000.
Festival di Cannes 2000: Premio Miglior Attore
Sinossi
Hong Kong, 1962. I coniugi Chow e i coniugi Chan si trasferiscono lo stesso giorno in due appartamenti contigui. Sono il signor Chow e la signora Chan a rientrare più di frequente a casa ed è così che nel giro di breve tempo scoprono che i rispettivi consorti sono amanti. La volontà di comprendere le ragioni del tradimento subito li porterà a frequentarsi sempre più spesso e a condividere le sensazioni provate.
Recensione
Una storia d’amore a Hong Kong vissuta castamente fra il 1962 e il 1966, e rievocata in forme filmico-stilistiche rigorose, che si rifanno ai modi di un melodramma (o, meglio, mélo) controllato e “forzosamente” intimista. Il film dice più di quanto mostri – ha scritto qualcuno – e dà forza ai sentimenti e al desiderio attraverso la claustralità degli spazi. In the mood for love ebbe una notevole accoglienza di critica, contribuendo all’attenzione internazionale verso opere dell’estremo oriente: Cina, Hong Kong, Taiwan, Corea del sud, e autori quali Tsai-Ming Liang, Chan Kaige, Zhang Ymou, Park Chan-Wook, kim Ki-duk, solo per ricordarne qualcuno.
Il regista si serve di un singolare paradosso: mentre il ricordo risente dell’irregolarità – piani rinchiusi, assenza, riverberi, ripetizioni del fatto, labilità, percorsi paralleli – lo stile appare lucido e calibrato, alternando una forte focalità con ricorrenti modi di danza regolati da un brano musicale di Michel Galasso, o con lo sfondo di alcune canzoni spagnole di Nat King Cole.
Le esperienze orientali di cui dicevo hanno dominato per un certo periodo i festival, tanto che c’è stato chi, con qualche ragione, insinuava il sospetto che i film fossero concepiti e realizzati dai registi secondo le aspettative della critica occidentale e del pubblico “eletto”. Rientra fra questi In the mood for love? Difficile dirlo, ma certamente ha influenzato il lavoro di diversi che, nei casi migliori, hanno posto in termini di linguaggio, oltre che per i soggetti, il contrasto fra la tradizione e la modernità favorita o imposta da modelli esterni. Per fare un esempio, chi come me non ama il “ralenti” ha sofferto all’inizio l’uso “improprio” e programmatico che Kar-Wai Wong ne ha fatto. Poi ho compreso l’intenzione drammaturgica risolta con l’equilibrio di una sonata ben scritta e, una volta di più, ho esperito il valore che “una parte” può dare all’insieme, se la “parte” è creata con poetica profondità. «Un film fuori del tempo – ha scritto Gianni Volpi – ed è all’antico tempio cambogiano di Ankor che lui (il protagonista, ndr) andrà a confessare agli déi il segreto, lontano da una Hong Kong già mutata.».
Tullio Masoni
(Critico cinematografico)
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