AMADEUS
Regia: Milos Forman, Soggetto e sceneggiatura: Peter Shaffer. Fotografia: Miroslav Ondricek. Montaggio Michael Chandler. Musica: Mark Berger: Scenografia: Patrizia von Brandeinstein. Costumi: Theodor Pister. Interpreti. Tom Hulce, F. Murray Abraham, Roy Dotrice,Elizabeth Berridge, Simon Callow, Kenny Baker, Jeffrey Jones, Christine Ebersole, Vincent Schiavelli, Charles Kay. Produttore: Saul Zaentz. USA, 1984, 158’
Premi Oscar 1985: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista, Miglior Sceneggiatura non originale, Miglior Scenografia, Migliori Costumi, Miglior Suono, Miglior Trucco.
Golden Globe 1985: Miglior Film, Miglior Regia, Miglior Attore Protagonista, Miglior Sceneggiatura.
Nastri d’Argento 1985: Miglior Film Straniero, Miglior Attore Straniero.
David di Donatello 1985: Miglior Film Straniero, Miglior Attore Straniero.
Sinossi
Nella Vienna gaia e libertina del '700 il giovane Wolfgang Amadeus Mozart (Hulce), sboccato, gaudente e volgare, incanta con l'originalità e la grandezza della sua musica la corte illuminata di Giuseppe II. Antonio Salieri (Abraham), il musicista di corte, disprezza Mozart pur riconoscendone il genio, lo invidia e giunge ad odiarlo, consapevole di essere destinato a rimanere un mediocre e a venire dimenticato. Mozart morirà giovane, ma diverrà immortale. Squisito, intelligente, ricercatissimo film, girato da Forman nella sua Praga e insignito di ben otto premi Oscar.
Recensione
La versione restaurata (20 minuti in più) fu offerta dal Festival di Berlino nel 2002. Qual’ è, allora, l’Amadeus vero? Il problema si pone più volte di quanto si pensi; la storia del cinema, infatti, è costellata di versioni integrali presunte, o rieditate nella speranza siano rilanciate dal mercato, di pentimenti e colpi di mano.
Opera di grande impegno spettacolare di un cineasta cecoslovacco (poi americano) che aveva onorato la “Nòva vlna” con titoli da cineteca, Amadeus affronta un tema europeo assai difficile.
Scambiando la fedeltà biografica con quello che è invece il punto di vista del musicista di corte Salieri, una parte degli specialisti ha infatti storto il naso, contestando una eccessiva arbitrarietà di Forman nel mettere in scena la composizione del Requiem. Ma appunto, accennavo, non l’attendibilità cerca il regista, bensì l’occhio invidioso del rivale, che vede in Mozart una specie di clown libertino, cioè un vizioso fedifrago che mai avrebbe meritato i favori della sua corte e del mondo.
Alle riserve dei filologi e degli specialisti andrebbe quindi risposto che Amadeus racconta anzitutto un’invidia e che la “reinvenzione” delle circostanze entro le quali nacque il Requiem appartiene a una scelta e a modalità di creazione filmica. Non sempre – o quasi mai – un film di argomento storico è tenuto all’oggettività cercata e non sempre trovata dagli studiosi. Per quel che mi riguarda la composizione del Requiem altro non è che un brano di immaginazione, dove il regista ha sublimato, insieme, il talento di Mozart e il proprio, sia pure rischiando.
L’invidia. Un male che Kierkegaard definisce con parole molto adatte alla vicenda raccontata dal film: «L’invidia è ammirazione segreta. Una persona piena di ammirazione che sente di non poter diventare felice abbandonandosi, sceglie di diventare invidiosa di ciò che ammira…L’ammirazione è una felice perdita di sé, l’invidia un’infelice affermazione di sé.»
Quanto a Forman si conferma con Amadeus americano irreversibile, pur trattando una storia europea quasi di tradizione. Ciò non impedisce di ricordare la sua bella esperienza cecoslovacca degli anni sessanta: Gli amori di una bionda, Al fuoco pompieri…come, venendo all’America - ed è un preferenza molto personale – l’incipit di Hair, con Aquarius cantatain Central Park.
Tullio Masoni
(Critico cinematografico)
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